Ci siamo occupati spesso in passato di come lentamente, a margine di una produzione d’intrattenimento che usa il linguaggio del cinema per sostituire la televisione (nei suoi serial e nei suoi show, oltre che in una serie di nuove e indefinibili categorie brevi), YouTube stesse cercando una maniera di maneggiare la politica che non fosse la satira. Da quando Barack Obama è stato eletto presidente molto è cambiato, il giuramento è stato trasmesso online e più di una volta il presidente si è prestato ad interviste online con domande dagli utenti.
Storicamente i presidenti degli Stati Uniti intervengono spesso in televisione e per consuetudine una volta a settimana sono ospiti in radio. Obama non fa eccezione, non fosse per il fatto che a questi media ha affiancato anche internet (sebbene non con la medesima frequenza).
L’ultimo esperimento è stato #askObama andato online il 22 gennaio, un show in cui YouTube ha incaricato tre suoi youtuber ( Hank Green , Bethany Motha e GloZell Green ) di intervistare il presidente con un linguaggio che fosse contemporaneamente serio e diverso dal solito. Com’è logico internet desidera differenziarsi e legittimarsi, avere un linguaggio e affrontare i temi più importanti da angolature differenti rispetto a quelle della televisione e della radio ma anche avere la medesima capacità di fare chiarezza.
Compito non facile, che i tre youtuber hanno portato avanti con il consueto misto di confidenza e distanza, formalismo e informalismo che contraddistingue tutta la comunicazione in rete da quando questa esiste.
Sebbene dunque non fosse la prima volta, qualcosa è cambiato, i numeri sono cambiati (era prevedibile: l’audience del video online non fa che aumentare). Si parla di 705 milioni di impression con un picco massimo di utenti contemporanei di 88mila e ovvio ingresso nei trending topic per #askObama. Numeri che da soli mostrano il clamore suscitato ma che in questo sono aiutati dalle reazioni sugli altri media.
Per la prima volta infatti l’evento non è stato solo riportato dai giornali più attenti ma da diverse parti attaccato. Ovviamente gli attacchi andavano tutti nella direzione di incompetenza, stranezza, incapacità e ridicolaggine di youtuber che fanno gli scemi tutto l’anno e poi pongono domande al presidente. Come sempre nessuno è entrato veramente nel merito. Nessuno cioè ha criticato punto per punto l’evento limitandosi a dire che fosse una pagliacciata.
L’ondata di critiche (meno ampia di quel che si vuole far credere ma significativa per l’importanza dei soggetti coinvolti) dimostra più di ogni numero quanto questa volta il passaggio online di Obama sia stato avvertito come una minaccia alle vecchie forme di giornalismo.
Lo si diceva all’inizio, di tutti i comparti che il video online sta sviluppando di gran carriera, quello della notizie più serie e gravi è il più lento. Se si escludono i reportage (da sempre i più rivoluzionati dall’arrivo di YouTube), cronaca e politica stentano a trovare una dimensione devastante e un linguaggio davvero nuovo. Quel mondo è ancora in mano a chi critica #askObama perché per la prima volta si sente tremare il suolo sotto ai piedi.
Se la rete offre a tutti la possibilità di avere una fonte d’emissione, la politica rimane un campo di gioco per pochi perché necessita della presenza dei politici. Per far muovere Obama c’è voluto che YouTube fosse l’interlocutore, dunque è ancora lontano il momento in cui uno show politico nativo della rete possa dar fastidio ai grandi network, ma come loro stessi hanno notato quel momento oggi è più vicino di ieri.
#askobama 2015
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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