Per il suo 55esimo anniversario il mensile per soli uomini più famoso del mondo ha deciso di scegliere la sua playmate tra le migliaia (se non milioni) di aspiranti ragazze immagine. Per farlo, Playboy si è affidato alla rete e in particolare a YouTube, con un canale proprio contenente un videomessaggio e un paio di video di esempio. PlayboyCasting infatti è la prima iniziativa online che sfrutta la rete per davvero come banco di reclutamento, nonostante tanto si fosse detto in passato di esperimenti simili ma ben meno audaci.
Eppure, le conseguenze della proposta di Playboy ci dicono molto di più su internet di quanto non si possa credere.
Innanzitutto il concorso è limitato alle ragazze statunitensi e canadesi di età superiore ai 18 anni, in più non è richiesto materiale porno (assolutamente vietate le nudità!) ma solo un video di massimo due minuti di autopresentazione. È una delle mogli (o compagne) di Hugh Hefner, Holly Madison (Playmate dell’anno 2005) a introdurre e spiegare la questione, precisando inoltre che le selezionate tra i molti video alla fine verranno invitate direttamente alla Playboy Mansion per un casting dal vero che sarà la prova finale.
Ma la questione vera è tutta intorno a due elementi principali: l’uso che Playboy decide di fare della rete e la risposta dell’utenza.
Nessuno prima aveva mai avuto tanto coraggio e tanta audacia nel proporsi online, nessuno infatti aveva mai accettato di associare il proprio nome e il proprio logo ai contenuti generati dagli utenti senza alcun controllo. Playboy non combatte YouTube, non cerca di adattarlo a sé, né cerca di ricondurlo dentro i binari dei vecchi media ma lo accetta in toto, si espone (con la regola obbligatoria dell’evitare ogni nudità) ad ogni tipo di contenuto di scarsa qualità con quasi nessun controllo tutto a favore dei benefici di internet.
Questo aumenta tutte le possibilità poiché non c’è alcun filtro che non sia quello della selezione finale (che poi è l’obiettivo di tutto il concorso), creando un circolo virtuoso per il quale non solo può trovare la nuova playmate dando una chance a tutte le ragazze del nord America, ma soprattutto creare una serie contenuti a costo zero e numero di views molto alto associati al loro nome.
Invece che produrre video e distribuirli a pagamento o gratis ma con qualche forma di ricavo, Playboy lascia semplicemente che la rete faccia il suo corso e ci appiccica il suo logo, non piegando il mezzo a vecchie esigenze ma adattandosi e sfruttandolo solo quando ce n’è bisogno. Sono video diversi da quelli sempre molto curati che portano il brand, ma a quanto pare ora “Playboy è anche questo”.
La seconda questione è tutta sui video che stanno arrivando. Al momento sono circa una settantina le risposte ufficiali al casting (lanciato il 28 Aprile), video che rispecchiano in pieno la produzione da YouTube, amatoriali al massimo e poco curati nel migliore dei casi. Nei casi peggiori sono invece molto curati ma male, sono grottesche imitazioni degli stereotipi del video erotico (colori virati, ralenti, musiche con sassofono…).
L’importanza di queste cose non importanti è altissima nel momento in cui chi investe nella rete (e quindi in un certo modo contribuisce a determinarne la direzione) deve decidere dove direzionare simili investimenti.
Abbiamo visto più e più volte come i grandi maestri dei vecchi media cerchino di piegare la rete alla loro volontà, non riuscendoci. L’ultimo in ordine di tempo è Michael Eisner, ex numero uno Disney, ora padrone della Vuguru casa di produzione di serie online dai buoni incassi e la pessima produzione, come PromQueen e All For Nots, che al Microsoft Advance 2008 ha esposto il suo Content Manifesto dichiarando: “YouTube è celebrato come un concetto totalmente rivoluzionario, e lo è. La possibilità per chiunque, dovunque di creare e distribuire brevi forme di intrattenimento che possono essere viste da chiunque altro è un’invenzione straordinaria. Ma in molti modi YouTube è cosa vecchia. È per la rete quello che i nickelodeon erano per i film, una forma preliminare di ciò che verrà (…) Gli utenti della rete possono stare a guardare una storia fino a che è buona. Non solo 90 secondi o due minuti. Staranno con una storia anche 10, 20 o 30 minuti se necessario”.
Per questo esperimenti come il casting di Playboy sono importanti, perché dimostrano che non esiste solo il contenuto narrativo ma anzi ci sono nuove forme della comunicazione in video da esplorare e che sono le più adatte ad internet. Dimostrano che se il contenuto narrativo vuole farsi strada (e lo farà) deve mischiarsi con questo tipo di contenuto.
Ognuno dei video del playboy casting al momento ha circa 20.000 views, un numero al quale non sarebbero mai arrivati da soli pur con il medesimo contenuto (di per sé attraente), inoltre, se aggregati, costituiscono un ritorno di immagine in rete al quale Playboy non sarebbe potuto arrivare in nessuna altra maniera. Obiettivi una volta considerati tangenziali ma ora fondamentali.
CASTING VIDEO MARY PIEMONTE
CASTING VIDEO STEPHANIE
CASTING VIDEO LINDSAY
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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