È spuntata da poco online, solamente su Facebook (e questa già è una notizia, visti i recenti cambi d’equilibrio tra piattaforme) Lato D , una webserie “powered by Golden Point”. Diretta e co-scritta da Luigi Di Capua dei ThePills , la serie si basa su un concept stringente: le due protagoniste ruotano intorno ai 30 anni, sono al mare e vengono a patti con l’età che avanza, il rapporto con la propria immagine e con l’altro sesso. Nonostante sia diretta e creata da un uomo, Lato D è molto femminile, ha un target chiaro in testa e un’idea di comicità precisa. In Italia la chiameremmo “pubblicità”, perché c’è il marchio che campeggia in apertura e chiusura, in realtà è un branded content come se ne vedono molti in America e come da tempo ci si auspica possano sbarcare in Italia.
Quello che rende Lato D una webserie e non una pubblicità è il fatto che non sia finalizzata all’esaltazione o alla narrazione di un prodotto. Addirittura non è nemmeno finalizzata a raccontare il mondo del brand (come fanno le pubblicità Nike o Adidas o Coca-Cola), ma semmai mira a mettere in scena dei momenti di dialogo, dei temi e delle idee che con l’abbigliamento hanno pochissimo a che vedere. L’unico punto di congiunzione tra serie e brand (oltre ai costumi indossati dalle protagoniste) è l’ossessione per l’immagine, ma questa è declinata in una chiave talmente cinica da vivere lontanissimo dal reame degli spot.
Si diceva la settimana scorsa come la RAI attraverso RAY abbia fatto incetta di talent della rete, commissionando loro prodotti che, rispetto a ciò per cui sono diventati noti, appaiono come copie sbiadite. Ora Lato D invece arriva a dimostrare il contrario. Se Zio Gianni , la serie andata su Rai Due e ora su RAY, scritta da ThePills , è pienamente un prodotto RAI, in cui il trio ha iniettato una piccola percentuale di quel che li rende originali e di successo in rete, Lato D è una versione malata e incattivita del mondo femminile, pienamente in linea con quel che Luigi Di Capua scrive con il collettivo. Il suo, insomma, non è il mondo gioioso e desiderabile delle pubblicità (linguaggio che in teoria era lecito pensare sarebbe stato impossibile evitare), ma quello decadente e disilluso dei ThePills .
Dei ThePills , ovviamente, non ha la messa in scena e forse proprio in quello sta la componente più interessante.
Quel medesimo umorismo molto dialogato che vediamo sul canale ThePills non ha la medesima ricaduta cinefila e citazionista, non si arricchisce di quell’altra parte fondamentale dell’umorismo di ThePills che è il rimando a qualcos’altro (un film, una serie o un “doppio” generico). Al contrario. Di Capua lo mette in relazione alle basi del linguaggio audiovisivo, uno zoom, uno stacco di montaggio o un flashforward sono le maniere con cui, dialoghi a parte, lavora per scatenare il grottesco e quindi l’umorismo. Addirittura nell’episodio con Valerio Di Benedetto (quello sull’Ex) inventa uno stile di recitazione astratto e distaccato (da parte di quest’ultimo) finalizzato unicamente alla comicità.
La strada del branded content ad oggi appare come la migliore da perseguire online per avere un ritorno economico. Se la forza di chi decide di non avere un ritorno e di lavorare per costruire un’immagine per se stesso rimane ineguagliata (nessun prodotto “pagato” ha eguagliato per originalità e forza propulsiva quelli non “pagati”), sembra di intuire che l’appoggio così poco invasivo di uno sponsor possa garantire l’equilibrio migliore. In passato marche come Crodino avevano cercato di allargare l’universo delle proprie pubblicità online e anche i cereali mr. Kenny l’avevano fatto, ma l’invadenza del prodotto sulla serie era sempre tale da rendere la seconda un mero veicolo, per l’appunto pubblicità. Lato D, forse, è un piccolo inizio di rivoluzione.
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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