L’ultimo mese è stato segnato dall’emergere di un nuovo meme/viral video/webserie, un curioso ibrido che ha saputo mescolare le tre categorie in cui solitamente dividiamo le produzioni per la Rete, dimostrando che ogni qualvolta si pongano dei paletti o si identifichino delle categorie in Rete occorre fare i conti con le infinite possibilità di stravolgimento dell’UGC.
Si tratta di Shit Girls Say , ovvero “Cazzate che dicono le ragazze”, una webserie che nasce da un omonimo account twitter , creato in primavera e arrivato ora a circa 700.000 follower. Sia l’account twitter che i video girano intorno a frasi ricorrenti nel vocabolario femminile (i video non disegnano anche posizioni, espressioni e mugugni tipici), un catalogo di banalità e luoghi comuni che hanno poco senso singolarmente ma sono esilaranti se ammassati con le due tipologie di montaggio.
Le tipologie in questione sono ovviamente quella dei tweet (per la quale o li si legge tutti in fila o ci si fa aggiornare ogni giorno e quindi li si legge in mezzo al flusso delle altre micro-comunicazioni) e quella dei video, il montaggio rapido e sapido, focalizzato a destabilizzare e intenzionato ad accumulare con foga frasi, luoghi, momenti e suoni. Si tratta insomma di un prodotto diviso in due, molto raffinato, anche se parte da un base estremamente lieve. Il campionario di banalità femminili infatti non spicca per originalità, satira, cattiveria o pregnanza, è solo abbastanza accurato. È la forma a fare la differenza.
Si è detto più volte come in rete il linguaggio audiovisivo si affidi in maniera quasi esclusiva al montaggio. La cultura da Final Cut o Premiere che ha dominato e domina i videomaker di internet ha creato uno stile e una serie lunghissima di produzioni in cui l’unico mezzo produttivo professionale a disposizione (per l’appunto il software di editing) diventa il principale risolutore dei problemi di messa in scena, e quindi in molti casi il motore di qualsiasi idea. Shit Girls Say è un ennessimo esempio perfetto. I primi due episodi non hanno racconto nè struttura se non un ottimo montaggio che azzecca tempi e “posizionamento” delle singole frasi, alternando piani più lunghi ad immagini più strette e creando un ritmo generale godibilissimo.
Il risultato è stato però anche superiore alle aspettative, dall’account di quasi 700.000 follower (che erano incredibilmente di meno quando la serie è partita) è scaturito un primo video da 8 milioni e passa di views e un secondo da 3 milioni e oltre. Un successo certamente aiutato dalla piccola partecipazione in un paio di segmenti di Juliette Lewis (l’unica altra donna intitolata a pronunciare le cazzate del titolo). Due hit sia virali che seriali capaci di dare vita, nel breve tempo in cui sono state online, a moltissime variazioni sul medesimo tema, come un meme. Molti youtuber hanno imitato lo stile , il montaggio e il travestitismo (un giorno toccherà fare uno speciale solo sul travestitismo nelle webserie) dell’originale.
Arrivati al terzo episodio però la coppia canadese dietro Shit Girls Say , Graydon Sheppard e Kyle Humphrey, ha introdotto un po’ più di “narrazione”, forzando leggermente la mano al format. C’è infatti una parte decisamente più lunga del solito assieme a Juliette Lewis (entrata di sua spontanea volontà nel progetto perché era una gran fan dei tweet, lo crediate o meno) che sembra introdurre qualcosa. Il punto è che se un video funziona come virale o meme (il caso del primo episodio) è molto difficile che possa reggere anche come prodotto seriale. Perchè la viralità, se mai la si può definire in qualche modo, si nutre di un episodico gioco di montaggio o di una prestazione apparentemente irripetibile e il meme si nutre di variazioni necessariamente apportate da altri esseri umani. Tutte caratteristiche che cozzano con la struttura centrale che ha una serie.
Quel che succederà con Shit Girls Say è insomma impossibile da prevedere e forse anche meno interessante di quel che è già successo e ha già generato.
SHIT GIRLS SAY – EPISODE 1
SHIT GIRLS SAY – EPISODE 2
SHIT GIRLS SAY – EPISODE 3
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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