Ci sono un milione di buone ragioni per le quali il mondo delle webserie è più interessante di quello dei cortometraggi (la forma di produzione cui più si avvicinano al momento per budget, tipo di autori, durata e scelta dei soggetti), la più in vista e più importante delle quali è la vivacità, ovvero la capacità di dar vita a qualcosa di diverso, inventivo e (con tutte le molle possibili) sperimentale. Non a caso, oltre ad essere il terreno in cui si misurano gli aspiranti autori, è anche quello nel quale scendono coloro i quali hanno già un nome ma desiderano realizzare qualcosa di fuori dagli schemi che sarebbe difficile far passare al vaglio di un canale televisivo o un produttore cinematografico.
È il caso di It’s About a Girl di Andrew Jenks , già autore di due lungometraggi indipendenti americani e di una serie tv ( World of Jenks ) arrivata alla seconda stagione su MTV.
Jenks è una personalità che dire attiva è poco: ha creato un festival di cinema nella sua scuola a 16 anni e a 19 già aveva girato il primo film. Ora ne ha 27 e, nonostante l’impegno con la serie di documentari per MTV di World of Jenks, ha cominciato a mettere online ogni martedì sul suo canale YouTube (dove è solito sperimentare idee) un nuovo episodio di It’s about a girl , webserie dal tema chiaro già a partire dal titolo, e completamente muta.
A fronte di una trama semplicissima che non ha bisogno di introduzioni (un ragazzo a New York è solo ma non vorrebbe esserlo) le idee vincenti sono tutte nella maniera in cui la storia più vecchia del mondo viene raccontata questa volta su questo mezzo.
Ogni episodio di It’s about a girl ha nella colonna audio unicamente una canzone. E nulla più. Niente dialoghi, niente rumori. Una canzone diversa di una band diversa per ogni episodio e ogni episodio centrato sul contrasto tra realtà e sogno, aspirazione e quotidianità.
C’è una prima parte della puntata che è la fantasia e la seconda che è la realtà. La fantasia è perfetta e mostra una scena idilliaca, la realtà è il suo controcampo. Non sempre è proprio la stessa scena con in più la grettezza delle cose reali per realizzare il contrasto: alle volte è anche una scena completamente diversa, e a fare da ponte tra le due è la testa dello spettatore, che automaticamente mette in connessione cosa possa esserci nell’insoddisfazione di quella realtà che rimandi alla fantasia.
Arrivato al secondo episodio It’s about a girl al momento ha raccontato due scene fantasiose, un approccio e una serata fuori, contrapponendogli un collage di momenti di solitudine e un incontro in metropolitana che non diventa approccio. Materia semplicissima, interazioni basilari, tutto ripreso con gran ritmo, le suddette canzoni a fare da collante e l’audacia di battere percorsi inusuali. Ci vuole infatti molta abilità per creare due minuti e mezzo così, raccontare non tanto una storia (di fatto, al momento, non c’è intreccio) ma una figura umana a partire da un ritmo e il suo contrasto tra sogno e realtà.
Non da poco, poi, l’inserimento del tutto a New York, scenario filmico abusatissimo e quindi di per sé carico di significato e di romanticismo. I ponti, le terrazze, i tetti e le vedute non sono scenari neutri.
Come non è da poco la trovata della musica, su di un mezzo (YouTube) che con la musica fa la maggior parte dei suoi contatti, che viene utilizzato come nuovo canale di videomusica. È una scelta non da poco mettere su YouTube in primo piano una canzone e orchestrarci intorno un racconto per immagini badando molto bene a non renderlo in nessuna maniera un videoclip (non ne ha né il taglio né il ritmo), ma anzi cercando un modo di riassumere una storia guardando più ai trailer o alle sigle.
IT’S ABOUT A GIRL EP. 1 – THE BEGINNING
IT’S ABOUT A GIRL EP. 2 – TAKING A SEAT
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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