Se le webserie ci hanno messo 5 anni ad arrivare in Italia da che erano nate in America, i primi premi di categoria sono arrivati 4 anni dopo l’equivalente americano. La prima edizione degli Streamy Awards risale al 2009 mentre la settimana scorsa si è svolto il RomaWebFest , primo festival italiano dedicato unicamente alle webserie ad essere appoggiato e riconosciuto da tutte le principali associazioni di categoria del mondo dell’audiovisivo.
Le webserie a portare a casa il maggior numero di premi sono state Stuck e Lost in Google , nonostante siano uscite più di un anno fa (circa due nel caso di Lost in Google). Nella sua prima edizione dunque il RomaWebFest ha fatto il punto sugli ultimi anni di produzione, accettando in concorso non solo materiale dell’annata precedente ma anche più indietro.
Mancando qualsiasi tipo di struttura industriale intorno alle webserie italiane il RomaWebFest ha anche lavorato per fare da tramite, prevedendo eventi che mettessero in contatto produttori e creativi, ovvero un numero limitato di progetti selezionati dal festival e 10 soggetti interessati ad investire nella produzione per la rete (tra i quali anche la RAI), da far incontrare nella sezione del mercato.
Più in grande questo genere di eventi (italiani o americani che siano) hanno l’obiettivo di creare una comunità e renderla intelligibile a chi ne è fuori. Consegnare dei premi, selezionare, presentare alla stampa e riunire in un luogo solo all’interno di un arco limitato di tempo (3 giorni) le webserie e i loro creatori è quindi uno dei compiti principali, specie in un settore in cui non c’è centralità e i cui membri possono non conoscersi nemmeno.
In questo senso il RomaWebFest non poteva sbagliare, gli bastava esistere.
Non c’era molta enfasi sull’idea di inedito nel festival, come invece accade sempre nei festival di cinema o tv che si occupano di webserie, e come è accaduto nei medesimi giorni al FictionFest, e il motivo per cui queste due entità non si siano accordate né si siano parlate o anche solo coordinate per quanto riguarda le webserie, svolgendosi nei medesimi giorni, rimane un mistero senza senso e una zavorra per entrambi, perché il RomaWebFest aveva l’affluenza di appassionati ma non gli inediti migliori, mentre il FictionFest aveva gli inediti ma un’affluenza scarsa e proveniente dagli stessi soggetti che producono (eccezion fatta per la serata evento ThePills).
Per il resto il festival romano si è molto concentrato sul rapporto con le istituzioni e il mondo dei media tradizionali. Ha coinvolto entità barbose , messo in giuria 50enni invece che persone del mondo delle webserie, ha organizzato panel in cui far parlare dirigenti e via dicendo, si è quindi proposto come ponte tra due mondi. E forse è la cosa di cui più c’era bisogno dal momento che in linea di massima l’atteggiamento di chi le webserie le fa oscilla tra il disprezzo per i vecchi media e il bisogno dei loro soldi, con una schizofrenia non indifferente; mentre da parte dei vecchi media c’è un misto di bisogno di contenuti per un pubblico più giovane, volontà di sfruttare produzioni a bassissimo costo e disprezzo per l’arroganza dei creatori.
InTRIPPMENT , Ombrelloni, Una mamma imperfetta , Una grande famiglia e via dicendo sono tutte produzioni dal livello altalenante e in alcuni casi completamente fuori fuoco, non adatte al mezzo, riciclate dalla tv e girate con una distanza siderale da chi guarda video online.
I vecchi media hanno infatti bisogno di maggiore interazione e maggiore fiducia con chi le webserie le fa davvero perché sembrano commettere tutti gli errori degli esordi, non fare tesoro di nulla e ricominciare il lavoro da zero, con un disprezzo per il concetto stesso di “novità” o “diversità” che è evidente. Solo in alcuni casi, il matrimonio cui tanto anelano (quello tra materiale prodotto a costi di internet ma buono anche per la tv) è riuscito, e comunque non andando a catturare un pubblico giovane.
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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