Provate a guardare i primi minuti del primo episodio di Jordan & Bear e capirete cosa intendono i suoi creatori Christopher Zanti e Nikola Markovic quando dicono che la loro intenzione principale era quella di “cercare di creare un prodotto per la rete con un pizzico di cinema in più”.
In realtà il cinema nelle webserie (nelle migliori), c’è sempre. C’è la sua esperienza, il suo passato, l’applicazione delle sue regole fondamentali e il respiro dei suoi generi. In Jordan & Bear infatti si comincia con una rapina, nulla di più classico, per introdurre subito alla cornice interpretativa della serie ovvero il noir, quel mondo in cui è facile morire e difficile amare.
La presenza del Bear del titolo (un orso interpretato da un uomo in un costume che non cerca minimamente il realismo) però rende tutto immediatamente grottesco e dal noir classico sembra di essere passati al noir moderno dei fratelli Coen, che non disdegna di mettere in scena anche il ridicolo delle situazioni proposte dal genere.
Jordan & Bear è una serie limitata , non va avanti all’infinito (è già terminata) e con tutta probabilità non avrà una seconda stagione, è forse meglio definibile come una miniserie per la rete . In questo anche più simile ad un film perché meno vincolato alla serialità.
I suoi episodi però hanno una scansione precisa, alternano il racconto delle fasi più pulp a quello delle fasi più emotive.
In un mercato in cui la narrazione sembra avere senso solo per piccoli tronconi, e quindi in maniera seriale, Jordan & Bear mostra come si possa ancora pensare un prodotto simile a un film, dotato di un inizio, un centro ed un fine, che non sia imperniato sul meccanismo d’attesa e di rimando della serialità ma sulla costruzione drammatica del racconto da effettuarsi lungo lo svolgersi degli episodi.
Girata e ambientata in Canada, la miniserie strizza un occhio a molto dell’immaginario collettivo. Ci sono le strip a fumetti di Calvin and Hobbes ma anche gli sketch televisivi del Saturday Night Live. Di originale invece c’è un’idea amarissima di comicità che non genera il riso in sé ma una constatazione dello schifo da cui non si può uscire se non con una risata finalmente liberatoria.
I due compari rapinano negozietti nella folle idea di raccogliere soldi a sufficienza per scappare a Santo Domingo. Tra i due, come si conviene, c’è anche una donna, mentre alle loro spalle la polizia che li insegue.
Contrariamente ai criminali dei film di Bogart, e molto più in linea con gli idioti coeniani, Jordan & Bear non sanno gestire nulla, non capiscono nulla e non sono nemmeno dotati di quel romanticismo disperato delle figure classiche. Sono un prodotto della società moderna tanto quanto lo è il concetto stesso di miniserie per la rete.
È possibile infatti un curioso parallelo tra il contenuto della miniserie e la sua essenza, cioè il fatto di essere un progetto seriale pensato per Internet. Jordan & Bear vivono un mondo serio e drammatico ma in una maniera e con uno stile a metà tra lo spensierato e il cazzeggio, allo stesso modo in cui le serie per la rete vivono in un mondo serio e drammatico (non ci sono soldi, non ci sono modelli di business sostenibili e non è facile trovare un proprio pubblico) in maniera scanzonata (la commedia è il genere prevalente come ripetuto più volte ).
JORDAN & BEAR – EPISODIO 1
JORDAN & BEAR – EPISODIO 2
JORDAN & BEAR – EPISODIO 3
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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