Dopo la salita, la discesa. Negli States chiudono serie e canali e si ridimensionano siti di produzioni, specialmente le avventure online dei grandi studios hollywoodiani, perché in silenzio e senza clamori è scoppiata la bolla del video in rete. Dal 2005 ad oggi si sono moltiplicate in maniera esponenziale le produzioni di alto e basso profilo inondando la rete di un’offerta scriteriata, per un pubblico poco pronto e poco ricettivo e soprattutto senza alcuna idea di ritorno economico.
Come in tutti i mercati che si rispettino solo una minoranza tra tutti quelli che hanno tentato la fortuna con il video in rete è riuscita realmente a guadagnare in termini di notorietà e ritorno economico, per il resto c’è stato l’oblio e la perdita. La minoranza che ha saputo centrare i desideri e le esigenze di chi si cela dietro gli spettatori dei video in rete, e che soprattutto non ha pensato di applicare modelli di business buoni per altre forme di veicolazione o altri contenuti, è quella che ha poi ispirato gli esperimenti meno interessanti e a volte suicidi che hanno contribuito al rigonfiamento di un mercato assolutamente immaturo. Nulla di nuovo.
La Stage9 di Disney, DotComedy di NBC e le divisioni di Turner Entertainment, HBO e AOL si sono rivelati clamorosi flop e imprese come 60Frames (che nel 2007 aveva ricevuto 3,5 milioni di dollari dai venture capitalist) una volta finiti i soldi che dovevano fare da propellente iniziale sono stati costretti alla chiusura. Altri lo faranno nei prossimi mesi dando il via ad una profonda (e auspicata) fase di revisione del ruolo del video in rete, del suo target e delle sue potenzialità. Una revisione che si spera tenga più conto di quello che il nuovo pubblico fa e non di quello che faceva con i vecchi media per cambiare tutto. Almeno ai piani alti.
Sì, perché esiste poi una categoria di produttori che al ritorno economico non ci pensa, una categoria di appassionati, sperimentatori e avventurieri del linguaggio audiovisivo che producono e sperimentano perché hanno idee, mezzi e un po’ di tempo. E perché distribuire non costa niente. Contenuti generati dagli utenti ma ad un livello di interesse, pensiero e professionalità superiore ai video delle vacanze o dei gattini.
Nel mondo sottosopra della rete ancora una volta si è dimostrato come i grandi numeri non facciano necessariamente grandi incassi mettendo i grandi nomi (quasi) sul medesimo piano dei nomi piccoli e scaltri. Sono infatti idee in linea con il nuovo a fare i soldi senza necessariamente attingere a bacini d’utenza immensi poiché la pubblicità non è un modello sostenibile (il guadagno gira intorno ai 10 dollari per migliaio di visite). Con (relativamente) pochi spettatori Four Eyed Monster quasi due anni fa (in un periodo quindi molto immaturo) riuscì a ripagarsi le spese e fruttare ai suoi due autori un certo guadagno, e almeno un anno fa Dr. Horrible dimostrò che con qualche idea in più anche una produzione un poco più elaborata ed onerosa poteva andare in positivo. E sono solo due esempi, i più clamorosi.
Adesso arriva la prossima fase, quella della normalizzazione e della seconda ma più moderata salita, anche se di tutto questo in Italia non abbiamo sentito nemmeno una vaga eco. I nuovi nomi che si affacciano sono quelli delle società di product placement come Zadby , Poptent e Hitviews , alcune presenti da tempo sul mercato, alcune nuove e alcune arrembanti come Tadcast che si pone come il low cost del product placement inquadrando forse una delle problematiche cruciali del futuro.
Tadcast offre a chi sponsorizza tariffe fisse da pagare e non percentuali sulla produzione a fronte dell’esposizione del proprio marchio ad un numero garantito di views, di più non pagheranno, se lo vogliono, altrimenti alzano la posta.
L’obiettivo della compagnia è di costruire e coltivarsi un certo numero di video blog, serie o vlog star di successo o quantomeno con una certa utenza garantita in modo da cominciare a poter trattare, allo stesso modo con cui si opera nel nanopublishing.
Nuove forme di monetizzazione che non passano più per la raccolta di utenza casuale e generica ma di piccoli gruppi, per regalare product placement efficiente saltando le forme di pubblicità “esterne” al video (roll-in, roll-out, sovraimpressioni o AdWords nella pagina). Nuove forme che da noi potrebbero essere implementate direttamente saltando la prima, fallimentare, fase euforica del guadagno pubblicitario e magari addirittura rendendo un vantaggio il ritardo con cui entriamo nel mercato.
PRODUCT PLACEMENT WEATHERPROOF – RANT ON ASIAN DRAMAS
PRODUCT PLACEMENT ZILDJAN – SPY MEGAPHONE HACK
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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