Con una lentezza esasperante, ma forse anche opportuna, in questi anni chi produce intrattenimento si sta svincolando da chi l’ha sempre distribuito. I Radiohead, tra i grandi, sono stati i primi a rinunciare ad un’etichetta musicale e a distribuirsi un disco da soli (anche se dopo qualche mese è andato in vendita normalmente e per il disco dopo hanno scelto un approccio più tradizionale), Madonna aveva minacciato di farlo e ancora Spike Lee e altri si rivolgono a Kickstarter per finanziarsi i film e a servizi come Vimeo per distribuirli. C’è una sorta di insofferenza e voglia di sperimentare da parte dei più grandi, di coloro i quali avendo già un vasto pubblico possono permettersi di andarlo ad intercettare da soli, lavorando molto di più ma avendo in cambio la possibilità di non doversi confrontare con nessun filtro istituzionale. Lavorare senza compromessi.
L’ultimo a farlo è stato Louis C.K., stand up comedian ma anche autore televisivo, con la sua serie tv Louie andata in onda su FX. Nel mondo della comicità statunitense forse il suo è il nome più importante, quello cioè che più di tutti incrocia un vasto seguito con una grande fedeltà, dunque quello che più di tutti si può permettere di tentare un’avventura in privato. E così è stato. A Febbraio Louis C.K. ha messo Horace and Pete online in streaming a 5 dollari la puntata o 30 dollari per tutte le 10 puntate.
Oltre allo scrittore e ideatore della serie c’è anche Steve Buscemi. L’impresa non è costata poco, qualche milione di dollari, e non è riuscita male per niente: tutto ruota intorno ad un bar ed ha il tono malinconico e crepuscolare dell’umorismo di Louis C.K.. Nominalmente è una webserie, perché un canale televisivo non l’ha mai visto nemmeno da lontano, come non ha mai visto da lontano un produttore televisivo o qualsiasi altra forma di sfruttamento relativa alla tv; è una webserie perché a tutti gli effetti è un prodotto seriale audiovisivo pensato per internet e distribuito così. Tuttavia è anche vero che Horace and Pete è una webserie girata come una serie tv, con episodi lunghi un’ora e una scrittura e una messa in scena prettamente televisivi. È pensata per internet ma decisamente non per essere fruita come una webserie, è pensata per essere fruita come si fruisce delle serie tv di Netflix.
La cosa più importante però è che ora, a qualche mese dalla messa online di tutti gli episodi (tutti insieme), Louis C.K. si trova sotto di diversi milioni di dollari.
Quello che aveva caratterizzato tutti gli esperimenti elencati in precedenza (dai Radiohead a Spike Lee) era il fatto che gli artisti fossero riusciti a guadagnare bene dall’esperimento, a sfruttare in pieno i numeri bassi realizzati, incassando il 100% dei guadagni senza dover dividere con nessuno. A quanto pare non è andata così per Louis C.K. che incomprensibilmente ha deciso per Horace and Pete di non fare nessuna promozione. Niente ospitate, niente tour nelle trasmissioni, niente advertising, niente di niente, l’ha annunciato blandamente sui suoi mezzi di comunicazione e ha atteso che il passaparola facesse il resto. Cosa che però non è accaduta.
Ora sta correndo ai ripari, viaggiando di programma in programma portando la notizia dell’esistenza di una serie online da lui scritta e interpretata. Eppure la notizia più grossa è che la comunicazione online è ad un grado di densità tale che nemmeno una serie tv fatta solo per la rete, da un comico amato come Louis C.K. si promuove da sola. Cioè nemmeno un prodotto davvero buono, davvero divertente, che viene da una personalità davvero nota, basta a se stessa, il passaparola è ai minimi storici.
La vera notizia è che ognuno, anche il più famoso, fatichi a penetrare la densità di internet per giungere al proprio pubblico. Può sembrare scontato ma non lo era solo qualche anno fa. Ora e sempre di più invece sì. E questo è quanto di più utile possa imparare chi Louis C.K. non è.
HORACE AND PETE – TRANS DISCUSSION
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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