Da qualche giorno il governo italiano, rappresentato dalla Camera dei Deputati, è sbarcato su YouTube con un suo canale che nasce già rifornito di una quarantina di video. La presenza istituzionale della Camera è solo l’ultimo, dopo il Vaticano , di tanti altri esperimenti simili e più o meno illustri che si sono susseguiti nel corso dell’ultimo anno proprio nel principale sito di videosharing. In ogni caso, la mossa dà modo di chiedersi quale sia il senso di “andare su YouTube” e quali possibilità offra il video in rete alle istituzioni.
Il video con cui il presidente della Camera Gianfranco Fini presenta il canale appare emblematico di questa difficoltà di comunicare in maniera diretta e senza mediazioni con i cittadini. La rete non solo azzera la distanza ma richiede anche un altro tipo di linguaggio. La rete (e ora il video in rete) sta abituando gli utenti ad una fruizione più emotiva e personale, che metta (anche se solo per un momento) la fonte sullo stesso piano del ricevente. A differenza della televisione non c’è il concetto di broadcast , quei video non vengono visti da tutti contemporaneamente come un grande comizio atomizzato, ma sono momenti personali, ogni streaming è visto da una persona sola in un dato momento. È come se un’autorità inviasse a casa di ognuno un DVD con un messaggio in video: ciò dovrebbe essere necessariamente intimo e confidenziale.
Il video online è uno strumento sia narrativo che informativo. In maniera più simile alla televisione che al cinema può coniugare le due tipologie di contenuti audiovisivi, in più può essere anche episodico, cioè può riportare fatti, notizie, eventi e momenti senza doverli necessariamente incastrare in una trasmissione, un notiziario o un programma, ma semplicemente aggregandoli dandogli comunque senso. Portare allora un governo su YouTube può avere senso se c’è qualcosa da comunicare oppure se c’è qualcosa che è importante mostrare e che il governo ritiene più opportuno fare autonomamente, senza la mediazione delle reti nazionali e della stampa.
Ciò che succede invece è che la Camera replica online le modalità attraverso le quali è abituata a parlare ai cittadini in televisione . Oltre alle presentazioni individuali e terribilmente ufficiali , ci sono una serie di botta e risposta che coinvolgono anche lo stesso Fini organizzati come le conversazioni e i talk show televisivi anche quando vogliono essere più leggeri e pungolati dalle domande degli utenti. Ci sono poi video didattici che potrebbero essere degni della paleotelevisione, tutto realizzato con un velo istituzionale ed estremamente distante. La cosa che ha più senso di tutte tra i molti video è il brevissimo segmento dell’ incontro tra il presidente Fini e la presidenza del settore europeo di Google proprio in occasione del lancio del canale, il che potrebbe dirla lunga.
Il punto è che manca un vero motivo per il quale andare su YouTube. Tra i tanti precedenti il più eclatante è quello della Casa Bianca, che è sbarcata su YouTube per il consueto messaggio settimanale alla nazione del presidente, una consuetudine che per decenni è stata portata avanti attraverso la radio e che con Barack Obama è passata al video in rete. Più democratico, più moderno e più facile da diffondere. Dopo un breve passaggio sul grande aggregatore video di Google, il governo statunitense si è però reso conto che era meglio viaggiare in proprio e ora utilizza una piattaforma video proprietaria e spazio proprio. Le motivazioni sono di ordine pratico e burocratico oltre che sperimentale e sono state ben spiegate nei giorni scorsi nell’ articolo di Giovanni Arata.
Il senso di portare il governo americano in rete attraverso il video è di trasmettere dei messaggi che sono un rituale per la politica statunitense, abituata a questo tipo di trasparenza di comunicazione che ben si adatta all’abilissimo oratore che è ora presidente, il senso di portare il Vaticano in rete è di veicolare anche attraverso internet la parola, i discorsi e le opinioni ufficiali della Chiesa (in continuità con quanto deciso di fare in passato per gli altri media), e la “parola” per il cristianesimo e la sua diffusione è un elemento fondamentale. Il governo italiano non ha mai fatto uso di simili tipi di comunicazione né sembra mai essere stato legato alla “parola” come importante veicolo ideologico. Al massimo qualche sparuta campagna elettorale accorta e valevole dal punto di vista comunicativo è riuscita di tanto in tanto a centrare il senso della parola e a fare un uso portante della comunicazione visuale. Ma poi anche quei medesimi soggetti o partiti, una volta andati al governo, hanno ricominciato ad utilizzare la stampa come tramite fisso, cioè come soggetto deputato a trasformare le parole ufficiali dei governanti in Parole con la p maiuscola. L’unico momento istituzionalmente dedicato alla comunicazione diretta è, da sempre, il messaggio alla nazione del Capo dello Stato che avviene l’ultimo dell’anno.
Nel messaggio di benvenuto Fini dice che l’obiettivo è una maggiore trasparenza e lasciare che la politica si faccia conoscere dai giovani. “Internet è una finestra sul mondo” dice, un’affermazione molto 1.0, nel senso che appartiene ad un modo vecchio e immaturo di concepire la comunicazione in rete, quello degli albori quando l’utenza non era ancora così attiva come oggi. Un momento, quello di “Internet finestra sul mondo” che non prevedeva il video, il quale è nato e si è diffuso con la pratica 2.0 dei commenti e delle risposte.
Fini stesso alla fine chiude dicendo “Questa è la nostra sfida. A voi la risposta”. Ma i commenti del video sono disabilitati.
MESSAGGIO DI BENVENUTO DEL PRESIDENTE FINI
IL PRESIDENTE DI GOOGLE DA FINI
FINI RISPONDE ALLE DOMANDE DEGLI UTENTI
LA PAROLA AI CAPIGRUPPO
MONTECITORIO, LA STORIA DEL PALAZZO