È durata tutta la stagione estiva (da Giugno ad Agosto) Codefellas , la prima webserie originale di Condè Nast, un esperimento riuscito oltre ogni dire artisticamente ma forse meno commercialmente, segno inequivocabile di come l’universo delle produzioni per la rete si stia espandendo in qualità, segmentando sempre di più l’audience. Condé Nast ha scelto di distribuire Codefellas attraverso un player proprietario sulle proprie pagine (senza nessuna forma di advertising) assieme al più canonico posizionamento sul proprio canale YouTube .
In questa seconda incarnazione (l’unica di cui si hanno delle cifre, nonché l’unica monetizzata) la webserie ha realizzato una media 200mila visualizzazioni per episodio, la stessa cifra più o meno raggiunta dalle medie della prima stagione di Freaks .
In un’assurda coincidenza di reale e fittizio Codefellas ha inoltre potuto godere di un’incredibile aderenza con l’attualità, visto che la trama della webserie ha coinciso perfettamente con ciò che nei giorni della sua comparsa online si è scoperto essere un’attività del governo degli Stati Uniti.
Nella webserie all’agente governativo speciale Topple, un veterano dei servizi segreti con esperienza nelle peggiori situazioni in cui il governo USA si sia mai trovato, viene assegnata una giovane informatica con compiti da hacker. Il primo è sostanzialmente un residuato di un’era che non esiste più, vanaglorioso e con un’idea dell’informatica da anni ’60, la seconda un pesce piccolo che deve subire gli assurdi compiti e le divagazioni non richieste dell’agente.
Molte delle cose clamorose che l’agente Topple rivela alla giovane hacker nel suo blaterare coinvolge un certo programma di spionaggio sui cittadini americani messo in piedi dal governo. È solo una delle tante cretinate per chi l’ha sceneggiato mesi prima, ma è arrivata in coincidenza con lo scandalo Datagate sollevato da Snowden con le sue rivelazioni sulle pratiche dell’NSA, in una clamorosa sovrapposizione di realtà inventata e realtà raccontata dai giornali (elemento poi preso di petto solo nell’episodio 7 ).
Concepita dall’umorista e disegnatore di strip David Rees , Codefallas è pieno di gag a metà tra la serie tv Daria (anche i disegni la ricordano) e le commedie iperverbali di tradizione statunitense.
Ogni episodio della webserie è raccontato attraverso due attori che recitano le battute e un setting quasi sempre uguale a se stesso (Topple e la sua hacker parlano al telefono dalle rispettive postazioni d’ufficio), tutto si gioca su un particolare senso di realismo magico, quello del rotoscoping (la tecnica con la quale si disegna su immagini effettivamente girate), realizzato con Flat Black Films, lo studio che prese parte a A waking life e Un oscuro scrutare , ad oggi i più riusciti esperimenti in materia per il cinema.
Dunque, una produzione che non ha di certo tirato i remi in barca o lesinato sull’ambizione per la prima webserie Condé Nast: uno scrittore forte, un design interessante e una trama che per pura coincidenza arriva nel momento esatto in cui è sulla bocca di tutti, diretta ad un pubblico interessato a simili argomenti. Eppure ha ottenuto solo 200mila visualizzazioni di media (e l’arrotondamento è per eccesso, gli ultimi video arrivano a meno 100mila visualizzazioni!) per i video su YouTube.
Per Condé Nast Codefellas è evidentemente un prodotto più utile a ridirigere traffico sulle proprie pagine che qualcosa da monetizzare, del resto la medesima idea di sfruttamento di una webserie che sta dietro al posizionamento di Una mamma imperfetta su Corriere.it .
Contrariamente a quel che possa sembrare, tuttavia, un simile posizionamento non necessariamente è un male. L’importante, per una forma d’espressione, non è lo status che gli si conferisce (basta guardare i fumetti, considerati per anni l’ultimo anello della catena) ma l’accesso che ad essa hanno i creativi.
CODEFELLAS Ep. 2 – Meet big Data
CODEFELLAS Ep. 3 – How to hack a website
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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