La curiosa fascinazione che la rete ha per le mode, gli stili e gli stereotipi della produzione culturale delle decadi passate meriterebbe una lunga e macchinosa trattazione tanto è ampia, diffusa e poggiata su presupposti che non fanno capo necessariamente alla parodia o alla citazione ma più sul richiamo di elementi che i media di quegli anni diffondevano. Non tanto gli anni ’50, ’60 o ’70 quindi, quanto le forme di produzione culturale (prettamente televisive e cinematografiche) di quegli anni in tutto il loro ingenuo splendore.
La cosa non poteva non rispecchiarsi anche nella produzione video per la rete e infatti abbonda il materiale che ricopia e ricalca modalità espressive passate ponendo l’accento proprio su quell’ingenuità che, con l’occhio postmoderno e smaliziato di oggi, è vista come un valore.
In Bunninoir l’idea di andare a riprendere stilemi del cinema americano anni ’40 e ’50 è dichiarata già nel titolo e l’adesione a quell’idea di mondo (detective, femme fatale, fumo, pioggia, voce fuoricampo, mondo marcio…) è totale e senza appello. Il protagonista è un uomo in un costume da coniglio che nella finzione della serie è un coniglio detective. Dunque anche il presupposto della trama rivela un’altra caratteristica immancabile nelle serie per la rete: lo humour demenziale.
Girata in spagnolo (si tratta di una produzione argentino-brasiliana-spagnola) ma sottotitolata in inglese, la serie fa un lavoro molto povero di recupero degli elementi essenziali di come si raccontavano storie in quegli anni e per lo più si appoggia a quelli che nel tempo sono diventati gli stereotipi del genere. Il risultato è simile ad un’imitazione di un’imitazione: scontato e non originale. E anche la premessa straniante del coniglio-detective che fuma sigarette e parla da duro sembra dover essere in grado di reggere tutta la serie quando evidentemente non lo è.
Di tono diverso invece è Mr. Glasses , serie ormai terminata ma molto raffinata nelle sue citazioni e nel suo modo di rievocare il finire degli anni ’50 e quel tipo di prodotti televisivi. La struttura è quella della serie tv all’americana del periodo, in cui un architetto, per l’appunto Mr. Glasses, e i suoi aiutanti si trovano continuamente coinvolti in avventure architettonico-thriller.
L’introduzione ad ogni episodio, le musiche, gli abiti, ma anche le font, gli stacchi di montaggio fino agli occhiali di Le Corbousier sono tutti riferimenti perfetti, Mr. Glasses potrebbe davvero venire dagli anni ’50 e il modo raffinato che ha di giocare con l’umorismo della paradossale situazione di un architetto creativo messo al bando e voglioso di ricominciare una nuova vita ma poi coinvolto in avventure clamorose è degno di miglior causa. Il creatore, Mitchell Magee, non opera una presa in giro del genere come tenta di fare Bunninoir ma una vera replica dei modelli di riferimento, trovando la comicità nel modo in cui uno spettatore di oggi guarda a quel tipo di prodotto e nell’ingenuità che vi trova. Mr. Glasses è solo lievemente più paradossale delle serie che vuole imitare eppure quel poco lo rende esilarante.
La stessa cosa vorrebbe farla Ex-convict’s Guide , una serie di cui è uscito solo un primo episodio e che parte da un presupposto promettente. Seguendo le regole e lo stile dei video educational americani degli anni ’50 (già ridicoli in sé) la serie fa da guida per il reinserimento nella società dei prigionieri che hanno finito di scontare la pena. Gli abiti e le situazioni sono moderne ma lo stile è rétro e la fotografia in bianco e nero, già da questo si percepisce una certa confusione di fondo che ovviamente non va a beneficio dell’idea.
Ex-convict Guide, almeno nel primo episodio, non sembra dunque trovare un seguito degno dell’idea di partenza quasi dimenticandosi di quello che doveva essere il presupposto, ovvero raccontare delle storie utilizzando un certo stile per conferirgli un guizzo di grottesco in più.
Infine, per la categoria “stranezze dalla rete” c’è Robot Intrigue . Gli episodi durano pochissimo, tra i 40 secondi e il minuto e mezzo a seconda dei casi, e i protagonisti ruotano, al centro però rimane un robot, o meglio un robot come lo si poteva intendere decenni fa, palesemente fasullo e da 4 soldi. Raccontare la trama è quasi impossibile perché di fatto non c’è, sono sketch dall’intento comico e dalla fattura surreale in cui spesso tutti i personaggi stanno zitti eppure la cosa genera misteriosamente la risata.
In questo caso siamo oltre la parodia, l’omaggio, la citazione o il ricalco del modello, Robot Intrigue compie un’operazione ben più sofisticata evocando atmosfere e una certa idea di opera intellettuale che appartiene agli anni ’60 e riproponendola associata ad alcuni stilemi d’epoca (vedi il titolo, il logo e la musica d’introduzione) per generare ilarità.
Di tutte le serie elencate Robot Intrigue è di certo la più assurda, anticommerciale, originale e stralunata e per questo l’unica che ha un senso concepire su internet. L’unica che si rivolge ad un target sufficientemente smaliziato da cogliere l’autoironia del tutto e ridere di quegli assurdi silenzi.
BUNNINOIR
MR. GLASSES
EX-CONVICT GUIDE
ROBOT INTRIGUE
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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