Da quasi un anno con una cadenza abbastanza regolare (cosa inconsueta per le produzioni in rete) Runawaybox mette online un episodio a settimana di Elevator , “la cosa più vicina ad una video strip che esista in rete” stando a quanto dichiarato da Woody Tondorf, autore, regista e interprete della serie. Infatti Elevator, sempre ambientato nell’ascensore di un ufficio, è un prodotto impensabile su altri mezzi che non siano internet perché non ha un filo conduttore o una trama ma presenta episodi brevissimi (spesso sotto il minuto) e autoconclusivi che più o meno includono sempre il medesimo cast.
Ogni episodio è fondato sulla sorpresa finale: una gag, una battuta o una svolta inattesa che cambiano la situazione da normale a paradossale e scatenano la risata. Questo accade anche perché spesso il finale è troncato brutalmente subito dopo la gag, cosa che ne migliora l’efficacia e ricorda molto le strip comiche. Le trovate sono molto divertenti e la serie, nonostante la cadenza settimanale, ha una qualità media invidiabile, cosa probabilmente aiutata dalla facilità di produzione.
Infatti in Elevator non c’è quasi mai montaggio, le scene consistono in un’unica ripresa senza colonna sonora e la durata di ogni episodio è talmente breve che in una giornata se ne possono realizzare moltissimi. Anche i dialoghi sono spesso recitati all’impronta e molte gag sono frutto di improvvisazioni sul set, ma nonostante questo ogni episodio è freschissimo, intelligente e scritto con cura, merito di una direzione con il polso duro ma soprattutto di una struttura solida e severa alle spalle.
Runawaybox infatti, nonostante non ci tengano a metterlo in evidenza, è una divisione della HBO, la rete televisiva americana, la quale finanzia in toto i progetti del sito in cambio di informazioni a getto continuo su cosa funzioni o meno in rete, quali siano i principali talenti nella produzione, marketing ecc. ecc. E alla HBO non sono nuovi a simili esperimenti per la rete che non necessitano per forza di ritorni economici diretti. Già un anno fa si fecero notare per Voyeur , geniale variazione sul tema di “La Finestra Sul Cortile” capace di mettere a punto modalità di fruizione delle diverse storie possibili solo in rete e solo attraverso un computer.
L’altro indubbio punto di forza di Elevator è poi il saper sfruttare la facilità di immedesimazione offerta dalla “dimensione ufficio” per testare nuovi modelli espressivi, una cosa di certo non nuova ma comunque gestita con un’inedita commistione di elementi originali e già visti. C’è la ripresa fissa simile alle camere di sicurezza come accade in Camera Café e l’umorismo demenziale molto statunitense che cozza con la seriosità del contesto, come per The Office. Ma il tutto poi è gestito con un piglio decisamente più appropriato ad internet, e questo non lo dimostra solo la brevità della durata.
In rete si naviga prevalentemente dall’ufficio e quindi in orari lavorativi, lo testimoniano tutte le principali testate online le quali, salvo clamorosi aggiornamenti resi indispensabili dall’attualità, dopo le 18.00 smettono di rinnovare le loro notizie fino almeno alle 8 dell’indomani. E la dimensione “da ufficio” della navigazione non è fatta solo di esigenze di rapidità ma anche di rapporti interpersonali facilitati dalla compresenza fisica (nella stanza o nell’open space) e dalla comunicazione interna. Dunque un contenuto che parli proprio al pubblico da ufficio con una comicità immediata è subito virale e subito scambiabile con qualsiasi collega perchè accomuna facilmente tutti.
Non ci sono, come capita spesso, riferimenti al mondo di internet, ai principali meme o ad eventi locali, le gag sono talmente basilari da essere universali e immediate. Dunque contrariamente a molte altre serie (e qui si vede come sia prodotta da una grande casa e non da indipendenti) Elevator non si rivolge ad una nicchia ma ad una moltitudine e lo fa con intelligenza, adattandosi alle abitudini e alle pieghe della navigazione dell’utente medio senza pretendere di sconvolgerla.
Claustrophobia
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Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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