Il caso di Anyone but me è tra i più clamorosi. Si tratta della più nota, famosa, premiata e longeva tra le webserie sconosciute. Nonostante diversi premi (di settore e non), un posizionamento prima su un network importante come Spike TV e poi in maniera indipendente sui propri domini, e nonostante un tema a metà tra lo scontato e l’originale (storia di amori adolescenziali di una ragazza lesbica che si trasferisce da un paese in cui l’omosessualità è accettata ad uno dove è meglio nasconderla), lo stesso Anyone but me è una serie poco nota.
Ora Tina Cesa Ward , la creatrice e regista, ha portato online in esclusiva su Blip (che ora si è dato alle sole serie in esclusiva) un nuovo progetto più piccolo ma anche più complesso, una mini webserie in 5 episodi chiamata Good people in love , con la quale conferma di essere la più interessante, creativa e complessa autrice che lavora per la rete.
Nonostante il titolo faccia pensare a quanto di più spensierato ci possa essere, la mini webserie rifiuta completamente qualsiasi nota umoristica o anche solo leggera, per andare a piantare entrambi i piedi nel terreno del drammatico puro.
Se in Anyone but me Tina Cesa Ward esplorava le variazioni della serialità teen, qui realizza un curioso ibrido tra cinema, teatro e online. Good people in love consta di 5 episodi che oscillano tra i 5 e gli 8 minuti di durata, per un totale di circa 30 minuti, e racconta una storia con unità di tempo e luogo. Tutto si svolge in tempo reale durante una serata tra amici (due coppie e due persone che non stanno insieme) in cui è annunciato un fidanzamento. Una delle coppie è eterosessuale, l’altra è omosessuale e un cartello prima dell’inizio del primo episodio precisa che i fatti si svolgono solo 48 ore prima che lo stato di New York approvi la legge sulla legalizzazione delle unioni omosessuali.
Questo piccolo gioiello, che ruba al teatro la struttura molto dialogata, ruba al cinema lo stile recitativo e applica uno tono e un low profile da internet, è uno dei pochissimi prodotti pensati per la rete a cercare il salto. Good people in love non vuole il solo intrattenimento, né vuole affrontare dei temi pesanti (di fatto l’accenno alle unioni gay nel titolo è l’unico), né ancora si pone come un lavoro a più livelli di significato, bensì cerca di fare qualcosa di più umile e difficile: utilizzare la propria forma e le caratteristiche della propria messa in scena per compiere un ragionamento intorno ad un tema.
La storia raccontata e il modo in cui è raccontata sono lo strumento attraverso il quale Tina Cesa Ward riflette sull’idea di impegno, unione e l’influenza che una legalizzazione del proprio amore abbia su di esso. Come se iniziando non conoscesse il risultato finale.
La conversazione e le molte frustrazioni che emergono tra i personaggi in gioco, come nelle migliori opere teatrali, tireranno fuori problemi, incomprensioni, contrasti e indecisioni a lungo sopite, rimettendo in gioco molte carte che gli stessi protagonisti davano per assodate.
Farlo in 5 tronconi da pochi minuti, distribuiti online uno la settimana e trovando il modo di suddividere con logica il racconto in 5 parti separate (ma che, se guardate di fila, possono sembrare un tutto coerente) è l’impresa più epica. Tina Cesa Ward organizza tutto come un pasto, divide la narrazione in 5 parti: preparazione della tavola, aperitivo, piatto principale, resti e digestione. Ad ogni episodio corrisponde una fase differente delle diatribe subito scatenate da due amici al fine di provare ognuno la propria tesi: una è molto attaccata all’idea classica e duratura dell’amore, l’altro è invece molto disilluso per il recente divorzio.
Il mezzo per raggiungere questo traguardo è però la scrittura e il rapporto con gli attori, evidentemente professionisti e evidentemente parte del team creativo. La confidenzialità delle battute, il testo scorrevole e il modo in cui interagiscono lasciano intuire una lavorazione molto leggera sul testo, indicazioni di sceneggiatura e di regia che si sono fuse con l’improvvisazione. Roba seria.
Apparentemente Good people in love può sembrare un prodotto buono per qualsiasi altro mezzo, in realtà la mescolanza di linguaggi diversi (ad un certo punto i personaggi guardano in camera e parlano direttamente con gli spettatori) e la spregiudicatezza nel mettere in tavola idee e questioni lo rendono un esempio della miglior narrazione webseriale possibile.
GOOD PEOPLE IN LOVE, EPISODIO 1 – SETTING THE TABLE
GOOD PEOPLE IN LOVE, EPISODIO 2 – DRINKING BEFORE DINING
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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