È un momento di grossa pressione per YouTube. Da poco il colosso ha lanciato YouTube Red, la sua versione a pagamento, senza pubblicità e piena di contenuti esclusivi. In poco tempo la scelta ha portato l’app di YouTube ad essere nella top10 delle più redditizie su App Store (e l’abbonamento di 9,99 dollari al mese di Red è la sua unica fonte di reddito).
Dall’altra parte, e su un tono completamente diverso, in apparenza, YouTube annuncia che in territori come Egitto, Giordania, Libia, Algeria e molti altri del medio oriente in cui la connettività non è ancora diffusa (o solo molto costosa) ma l’interesse del pubblico è forte e la diffusione di smartphone pure, stanno lanciando YouTube Offline. Come dice il nome il nuovo servizio aggiunge un pulsante offline per scaricare alcuni contenuti in background e poterli vedere senza problemi in seguito.
Sia YouTube offline che YouTube Red sono due modi diversi di fidelizzare e ampliare la propria base. Da una parte si mira a un pubblico che tecnicamente non potrebbe conquistare, dall’altra si mira a un pubblico diverso, disposto a spendere e interessato a certi contenuti premium.
Contemporaneamente il grande aggregatore spinge per allargare la base di utenti e coinvolgerla di più. Se negli anni scorsi spingeva sul fronte della produzione di contenuti migliori e diversi ora sta palesemente spingendo sull’hardware e sull’usabilità, cioè tecnicamente sulla propria piattaforma.
Corre come se fosse inseguito, il Tubo, quando in realtà non ha nessuno a tallonarlo, se non la paura che il suo core business perda terreno nei confronti delle molte altre forme di streaming video della rete. Prima fra tutte, quella di Netflix e dei contenuti di serie A.
YouTube già in passato aveva provato timidamente a farsi distributore ma non ci era mai riuscito, con la musica sembra andargli molto meglio ma anche lì la concorrenza di Spotify appare di un altro pianeta, impossibile da affrontare con serietà.
Nel terreno del video, paradossalmente non il suo preferito se confrontato con la musica, pare avere più chance ma è indietro dal punto di vista delle televisioni. Le app di YouTube sono sulle smart tv e sugli apparecchi che si connettono ad esse ma non hanno l’usabilità di quelle di Netflix e compari, per non dire che non ne hanno il catalogo e la facilità d’uso.
Quantunque si trovasse un buon numero di film a pagamento (si trovano ma il numero non è buono né lo è la freschezza) lo stesso cercare sulle app di YouTube per televisori è lungo e faticoso.
Allora quello che Google sembra voler fare è di spingere sul proprio specifico, conquistare più paesi, colonizzare più nazioni e lentamente introdurre la mentalità che esistono anche esclusive del Tubo per le quali vale la pena pagare. Quanto sia importante questa lotta è misurato dalla maniera in cui gli annunci si avvicendano, dalla forza con cui YouTube preme sui propri obiettivi.
Se domani i molti show anche molto buoni che vediamo su YouTube saranno a pagamento è tutto da vedere. Di certo appare molto difficile che delle forme di intrattenimento nate e fiorite assecondando il fatto di essere gratuite (a forma di snack, rapide e disimpegnate), possano essere così indispensabili da diventare a pagamento.
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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