I grandi marchi internazionali (e specialmente quelli di moda) sono stati tra i primi a produrre per la rete, con budget sovradimensionati, nomi altisonanti e tutto quel che serve a rendere patinatissimo un canale percepito come hipster (cioè la rete). Pirelli fece una serie di corti mandati online, Dior delle simil-webserie e quindi ora il fatto che Prada pure abbia finanziato Wes Anderson per girare un breve film (così li chiamano) da mandare online non è una grande notizia. Tuttavia lo è l’uso di YouTube come piattaforma e non del più canonico (per i grandi brand) player autonomo, e soprattutto lo è quanto dichiarato da Wes Anderson stesso.
Castello Cavalcanti è stato presentato al Festival del film di Roma, all’interno di un evento che prevedeva anche l’incontro con Wes Anderson stesso, il protagonista Jason Schwartzmann e il produttore Roman Coppola.
È stato conversando con il pubblico che Anderson è andato più in profondità sul rapporto con la casa di moda e come sia arrivata questa collaborazione. Nello spiegare i meccanismi e la genesi di Castello Cavalcanti ha raccontato anche che è girato tutto a Cinecittà (dove il regista già aveva lavorato per Le avventure acquatiche di Steve Zissou) pensandolo come un piccolo omaggio al cinema che si faceva in Italia e lì in quegli studi. Da questo Anderson ha anche pensato che sarebbe stato bello poter lavorare (qualora Prada fosse d’accordo) ad un’idea simile in forma seriale, andando in giro per i grandi studios ormai chiusi o in disuso che esistono nel mondo e girare film nello stile di ciò che veniva prodotto lì.
L’idea è evidentemente una webserie, cioè una serie di brevi video tematizzati che trattino in fretta un argomento per la rete, di certo però non lo sarebbe la realizzazione: Wes Anderson è un regista dalla mano pesantissima e non cambia una virgola del suo stile per adattarsi a internet.
Tuttavia non può passare senza nota il fatto che un marchio abituato a realizzare prodotti sofisticati e raffinati (specie se si muove su campi non suoi come in questo caso l’audiovisivo) abbia scelto YouTube, cioè la piattaforma più bassa e generica che ci sia, quella accessibile a tutti.
Castello Cavalcanti non ha nulla a che vedere con Prada nei suoi contenuti: “Ci hanno detto di fare quello che volevamo come volevamo” è la maniera in cui Anderson ha descritto la commissione dalla casa di moda, alla stessa maniera in cui (per dire) I ‘m Here non ha nulla a che vedere con la vodka Absolut, eppure il medio di Spike Jonze andò su un sito a parte.
Insomma, le modalità con le quali Castello Cavalcanti arriva online segnano alcuni mutamenti avvenuti negli ultimi anni. Da una parte c’è il tonfo delle piattaforme alternative a YouTube, a partire dagli aggregatori fino a quelle che ognuno appronta per sé (sopravvivono solo quelli dei giornali quotidiani e degli operatori del video on demand), dall’altra il trionfo dello stesso YouTube, sempre più capace di operare quella “pulizia” dei contenuti attraverso la quale intende cambiare la percezione che il mondo ha di lui. Non più luogo di video fatti male, amatoriali, volgari e stupidi, ma luogo di materiale professionale, luogo cioè caldo e accogliente per la pubblicità degli investitori maggiori. Ovviamente quei video ci sono ancora, anzi non possono che aumentare, ma la pulizia di YouTube è consistita nel produrre sempre più materiale professionale (finanziandolo anche), dandogli il maggiore risalto.
Nel mondo del cinema Wes Anderson è un regista tra i più patinati possibile, mano riconoscibile, sguardo raffinato, capace di composizioni di colori sempre delicate e occhio forte per abbigliamento, trucco, look ed estetica ripulita. Qualche anno fa sarebbe stato impensabile che un autore simile finisse su YouTube.
CASTELLO CAVALCANTI
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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