Roma – Avere un global wireless network davvero globale o magari glocale , è oggi una realtà definita in un piano di connettività reale e ben delineato. Si chiama WeFi : nato per superare il controverso successo di FON , oggi è un progetto maturo che non aspetta altro che nuovi “adepti” .
L’idea è di realizzare, per una rete WiFi globale, quel che Facebook ha realizzato per il social networking . Si tratta di impiegare un applicativo, specificamente concepito per sostituire lo strato software già esistente in Windows e MAC OS X, che lavora in sintonia con il progetto e ne realizza gli obiettivi. Ma qual è il vero obiettivo? “Creare una rete wireless globale basata sul WiFi”, dice Zur Feldman, CEO di WeFi. Ogni HotSpot – WeFi ne ha già mappati più di 308mila – viene collocato in mappa servendosi di Google Maps. Anche i dispositivi mobili come gli smartphone possono collaborare, l’applicativo esiste anche per essi.
Alla base c’è il concetto di condivisione: chi collabora può usufruire di connettività dovunque vi sia un hotspot del network ma deve essere disposto a condividere la propria banda “di casa”. Il tutto senza richiedere alcun router specifico: è sufficiente il software.
Secondo Feldman, la diffusa abitudine di proteggere i punti di accesso con password non è rilevante. Risulta, infatti, che la percentuale di coloro che impiegano la protezione si attesti sul 50 per cento e che l’altra metà non solo gradisca condividere, ma consideri anche intrigante il realizzare questa maglia virtuale gigantesca, lungo la quale le social application viaggiano con la stessa etica, le stesse sensazioni e gli stessi risultati social , in piena aderenza all’ottica duepuntozero .
Non desta preoccupazione, secondo Feldman, il fattore sicurezza : “Quando si usa un hotspot WiFi aperto, è aperto. E quando si usa una piattaforma aperta, non c’è modo di renderla sicura . Ma gli utenti possono anche condividere le password, il che permette di potersi collegare anche alle reti protette, posto che se ne siano ottenute le relative parole chiave”.
Gli aspetti dei costi, peraltro, sono coperti dalla pubblicità, che WeFi ritiene di poter legare in modo specifico alle zone in cui ciascun hotspot si trovi, sulla falsariga di quanto viene attuato dai più noti advertiser contestuali.
Marco Valerio Principato