WeWork ha un piccolo grande problema: la quotazione in borsa potrebbe essere rallentata per via dello scetticismo che ha avvolto il progetto nelle ultime settimane, quelle decisive per la valutazione del gruppo. Le opinioni in merito si sprecano e si incrociano, ma di fondo sembra emergere il dubbio per cui il modello possa non essere così vantaggioso quanto auspicato.
Il problema principale è che i dubbi di queste ore si potrebbero lasciar dietro una scia di punti interrogativi sul ramo del coworking, qualcosa di cui anche la concorrenza farebbe volentieri a meno.
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SoftBank rallenta: l’IPO di WeWork può attendere
Il problema sorge nel momento in cui SoftBank, tra i principali azionisti del progetto, tira i remi in barca proprio nel momento dello sprint: la banca d’affari ha suggerito un temporaneo congelamento delle operazioni in virtù della fredda accoglienza della quotazione da parte degli investitori: il timore è che la quotazione a cui si voleva presentare WeWork potesse rapidamente sgonfiarsi, riducendo così la raccolta e il valore potenziale in mano alla stessa SoftBank.
Quando la banca d’affari ha investito ulteriori 2 miliardi nel recente passato, lo fece con una proiezione del valore attorno ai 47 miliardi. Se l’IPO fosse andata a compimento, il rischio è che tale valore sarebbe rapidamente sceso a quota 15-20 miliardi, compromettendo in toto il modello di crescita del gruppo. Ora We Company, gruppo a capo del progetto WeWork, dovrà trovare un nuovo equilibrio tra monetizzazione ed espansione, rallentando gli investimenti a livello globale per dimostrare al mercato quanto di buono ci sia nel proprio modo di proporsi sul mercato del coworking.
Quando abbiamo creato WeWork nel 2010, volevamo molto più di un coworking dal design accattivante. Volevamo creare una community. Un luogo dove “io” come individuo diventi parte di un “noi” più grande. Un luogo dove il successo si definisce in base alla soddisfazione personale e non al fatturato. La community è la nostra più grande ispirazione
Oltre 500 location attive, oltre 150 in programma per il futuro prossimo. Quanto valore aggiunto c’è dietro al mero affitto di locali, spazi e strumenti? Quanto valore c’è in un modello che dovrebbe essere la base per la nascita e lo sviluppo di altre startup? Solo nei primi 6 mesi del 2019, WeWork ha registrato perdite per 690 milioni di dollari, per un totale di 3 miliardi di passivo in soli 3 anni: quanto è sostenibile un modello di questo tipo?
Ogni singolo punto interrogativo rischia di smussare l’unicorno che il mercato intravedeva, ma potrebbe avere ripercussioni anche sull’intero mondo del coworking: se i top player non trovano equilibrio e monetizzazione, quanto valore aggiunto c’è realmente nelle strutture, nelle organizzazioni e nei processi che gestiscono gli spazi condivisi per il lavoro? In discussione non c’è la bontà dell’idea, ma la leva finanziaria che il mercato è portato a valutare: l’IPO non configura un giudizio nel merito, ma una valutazione costi/opportunità che al momento sembra allontanare pesanti portafogli dalla possibilità di ulteriori rapide espansioni.
Aggiornamento
Secondo fonti sentite da CNBC, l’IPO procederà comunque come inizialmente previsto. We Company sarà dunque al suono della campanella in Borsa a partire da lunedì, attirando a questo punto grandi attenzioni sulla valutazione che saprà raggiungere all’esordio.