Nuovo capitolo nella battaglia legale che da ormai quasi un anno vede Facebook e NSO Group confrontarsi a suon di proclami e incartamenti destinati alle aule di tribunale. L’accusa mossa verso la software house israeliana è legata principalmente a Pegasus, uno spyware in grado di sfruttare una vulnerabilità dell’applicazione per prendere di mira i suoi utenti. Ora il gruppo statunitense sostiene che lo sviluppatore abbia fatto leva su un servizio di hosting americano (QuadraNet) per infettare le vittime. Stando ai documenti depositati sarebbero coinvolti anche server di AWS.
WhatsApp, NSO Group e i server americani
Se confermato, questo consentirebbe a FB di provare che le azioni condotte da NSO Group ricadono sotto la giurisdizione USA. La questione rimane ad ogni modo complessa poiché lo sviluppatore sostiene di aver fornito la propria soluzione a realtà governative (non è dato a sapere di quali paesi) e di aver dunque agito in piena conformità con quanto prevedono le norme finalizzate a garantire la sicurezza nazionale.
Un portavoce del team israeliano, interpellato sulla questione, si è limitato a ribadire che Pegasus non viene impiegato per prendere di mira dispositivi o numeri di telefono di persone che risiedono all’interno dei confini americani.
Una tesi tutta da verificare: tra le vittime illustri dello spyware sembra esserci anche Jeff Bezos, fondatore e numero uno di Amazon (nonché l’uomo più ricco al mondo), nei mesi scorsi protagonista di una intricata vicenda dai risvolti diplomatici internazionali che ha visto tra gli altri interessata anche la famiglia reale dell’Arabia Saudita.