Correva l’anno 2012, il mercato mobile era caratterizzato da equilibri ben diversi rispetto a quelli attuali e il progetto WhatsApp si apprestava a spegnere le sue prime tre candeline. L’acquisizione multimiliardaria da parte di Facebook era ancora lontana dall’essere completata e sul blog dell’applicazione veniva condivisa una dichiarazione d’intenti con un post dal titolo “Perché non vendiamo pubblicità”. Ne riportiamo un estratto.
Nessuno si sveglia col desiderio di vedere altra pubblicità, nessuno va a dormire pensando alle pubblicità che vedrà l’indomani … Nessuno si alza da un riposino e corre a vedere una pubblicità.
WhatsApp: la pubblicità negli Stati
Torniamo al presente per comprendere quanto il panorama sia cambiato: oggi WhatsApp è una delle applicazioni mobile più diffuse e utilizzate al mondo (soprattutto in occidente), centro nevralgico delle comunicazioni personali e non solo. Dallo scorso anno l’app include anche una sezione dal taglio esplicitamente social, gli aggiornamenti di stato, contenuti che una volta condivisi rimangono accessibili per le successive 24 ore prima della cancellazione automatica. Quest’area sarà presto interessata dall’inclusione delle pubblicità, un’ipotesi già formulata più volte in passato e che ora trova conferma in via ufficiale.
La versione beta 2.18.305 destinata agli smartphone Android include il codice per mostrare l’advertising tra gli Stati, anche se ancora la feature non risulta visibile agli occhi dell’utente. Non è chiaro quando l’implementazione si farà strada nella release definitiva di WhatsApp, ma è possibile già entro i prossimi mesi o al più tardi all’inizio del 2019.
WhatsApp beta for Android 2.18.305: WhatsApp is implementing in this version ads for Status.
They are not visible yet and the feature will be enabled in future.— WABetaInfo (@WABetaInfo) October 5, 2018
E la nostra intelligenza?
Includere pubblicità mirate tra gli Stati di WhatsApp è un modo certamente efficace per monetizzare l’attività di un servizio che ha visto più di 450 milioni di utenti attivi su base giornaliera (nel Q2 2018) e oltre 1,5 miliardi ogni mese (a fine 2017). Una nuova fonte di reddito per il gruppo di Menlo Park, così come il social network e Instagram.
Riprendiamo dunque quell’ormai polveroso post datato 2012 a firma dei fondatori, in cui la pubblicità viene etichettata come “un insulto alla vostra intelligenza”. Per completezza d’informazione va precisato che allora, ancora lontana dall’essere controllata da Facebook, l’applicazione chiedeva ai suoi utenti il versamento di una cifra su base annuale (0,89 euro), proprio per evitare di dover ricorrere all’advertising.
La pubblicità non è solo un’interruzione dell’estetica, è un insulto alla vostra intelligenza e un’interruzione dei vostri pensieri. In ogni azienda che vende pubblicità, una porzione significativa del team ingegneristico trascorre la giornata perfezionando i sistemi di estrazione dati, scrivendo codici più accurati per raccogliere i vostri dati personali, aggiornando i server che contengono tutti i dati e verificando che tutto sia registrato, riunito, suddiviso, confezionato e spedito… Ricordate: quando si parla di pubblicità, il prodotto siete voi, gli utenti.