Web (internet) – L’importante Simon Wiesenthal Center che tanto ha fatto per combattere l’odio e il razzismo sta conducendo una nuova crociata sulla rete e c’è chi si chiede se lo faccia per i nobili fini di sempre o se, dietro, non ci sia una inconsapevole volontà censoria.
Al centro dell’azione del Center degli ultimi giorni ci sono i negozi virtuali e le case d’asta online che, tra le altre cose, vendono i cosiddetti “souvenir dell’odio”, ovvero oggetti che sono appartenuti alla Germania nazista o all’esercito di Hitler, dalle bandiere alle svastiche di ferro passando per pugnali d’epoca e altro ancora. Secondo il rabbino Abraham Cooper vendere sulla rete questi oggetti “è come metterli in vendita nel reparto regali dei grandi magazzini”.
Questi “souvenir”, però, molti dei quali in vendita all’asta sul solito eBay , per quanto discutibili sono venduti legalmente. Secondo Cooper, invece, questo genere di commercio porta dritto al “maggiore dei problemi” sulla rete: “la promozione dell’antisemitismo, della violenza, del neonazismo e della supremazia dei bianchi”.
Cooper, la cui azione ha spinto nel recente passato le maggiori biblioteche online a non vendere in Germania copie in inglese del Mein Kampf, il “testamento” politico di Adolf Hitler, ha ricordato che nell’aprile del 1995 i suoi uomini avevano trovato in rete un unico sito razzista mentre oggi ce ne sono almeno 2mila: “gli estremisti sono arrivati presto sulla rete. Il Web viene manipolato in modi molto sofisticati per veicolare messaggi contro la popolazione di colore, contro gli immigranti o gli ebrei”.
Le dichiarazioni di Cooper vanno anche in una direzione secondo alcuni più pericolosa perché rischia di suonare come censura alla libertà di espressione del pensiero: “abbiamo visto come gli estremisti abbiano iniziato ad utilizzare le chat per scambiarsi i messaggi e come hanno messo in piedi siti web molto sofisticati”.
La doccia fredda più importante per il Wiesenthal è arrivata dalla potente ACLU , l’associazione americana dei diritti civili attivissima in rete. Secondo la ACLU, la questione posta dal Wiesenthal è delicata “ma riguarda temi chiave come la libertà di espressione. In realtà è eBay che deve decidere da sé cosa far vendere e cosa no. Non tutto quello che la gente vende vorremmo comprarlo noi stessi ma, dopo tutto, questa è l’America. Su questo fronte la ACLU non si batterà in tribunale”.
Va anche detto che la “crociata del Wiesenthal”, come qualcuno la chiama in rete, arriva in un momento nel quale negli Stati Uniti e nel resto del mondo istituzioni, parlamentari e cittadini-utenti discutono come mai prima dell’opportunità o meno di una regolamentazione della rete. Uomo avvisato?