Treviso – “Il 70% delle aziende che utilizzano wireless è esposto alle intrusioni”. Tanto emerge da un’indagine svolta dall’Osservatorio Nazionale per la Sicurezza Informatica, promosso da Yarix con altre aziende del settore.
“La tecnologia wireless – riporta una nota dell’Osservatorio – sta ormai dilagando complice il costo dell’hardware sempre più basso e la semplicità di installazione, però pochi tengono conto che le reti wireless se non correttamente configurate sono assai più vulnerabili del classico cavo. Yarix insieme all’Osservatorio ha condotto un’indagine nelle principali città del Veneto per scoprire quanti “spot”, ossia quante connessioni senza fili, sono aperti e utilizzabili da chiunque voglia agganciarsi”.
Uno spot aperto può rappresentare una porta aperta sulle reti aziendali o private, con il conseguente rischio di accesso indesiderato a dati critici, personali o sensibili. Non è certo il primo allarme sicurezza che viene lanciato con riguardo al mondo delle reti WiFi: secondo il rapporto di una ricerca che Panda Software ha pubblicato un anno fa , emergeva che il 60% delle reti risultava aperto e vulnerabile.
L’indagine dell’Osservatorio Nazionale per la Sicurezza Informatica ha rilevato i seguenti numeri, effettuando un semplice “Wardriving” (tecnica che scandaglia le reti wireless e consente di individuare gli hotspot aperti):
– Treviso Centro Città, 27 hot spot wireless completamente aperti e vulnerabili (tra cui uno di un istituto di credito in centro città)
– Belluno, 12 hot spot
– Venezia, 32
– Vicenza, 28
– Verona, 26.
“In totale – osserva il rapporto dell’indagine – il 68% degli “spot” trovati sono aperti o comunque facilmente accessibili”.
“Questa situazione è molto grave in quanto un eventuale hacker potrebbe utilizzare queste connessioni aperte per trafugare dati e mascherare la propria identità. Oppure potrebbe utilizzarli per compiere reati nei confronti di altri, utilizzando l’identità “rubata” dell’ignaro utente internet”, ha dichiarato Mirko Gatto dell’Osservatorio, che aggiunge: “Immaginiamo non solo cosa possa significare entrare liberamente nella rete di una banca, ma anche quali pericoli corrono gli ignari utenti: qualcuno potrebbe utilizzare il loro IP per commettere reati, scambiare file illegali, commettere truffe. Qualcosa si è cercato di fare con il famoso decreto Pisanu ma questo decreto riguarda solo gli enti pubblici che forniscono connettività ai propri clienti. Tutti gli altri devono fare da soli e fare pure in fretta”.