L’industria dei contenuti vorrebbe caricare i gestori delle postazioni pubbliche per l’accesso a Internet della responsabilità delle violazioni del copyright commesse dai loro utenti: imporre loro di presidiare in maniera generalizzata le connessioni, ha però sostenuto l’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in un parere preliminare alla sentenza, non è possibile sulla base del quadro normativo del Vecchio Continente.
Il caso, che ha origine in Germania, è stato sollevato nel 2010 da Sony, che nel tracciare la provenienza di un brano condiviso illegalmente in Rete è risalita all’indirizzo IP corrispondente all’abbonamento a Internet del negozio di Tobias Mc Fadden, nei pressi di Monaco di Baviera. Dopo i confronti presso il sistema giudiziario tedesco, che aveva peraltro riconosciuto già in passato la non responsabilità dell’abbonato ad una connessione residenziale in caso di violazioni del copyright commesse a sua insaputa a mezzo WiFi, il contenzioso è stato sottoposto all’analisi della giustizia europea.
L’avvocato generale Maciej Szpunar si è fatto carico di offrire il proprio parere preliminare a riguardo: analizzando la posizione di Mc Fadden e del suo hotspot, per un periodo denominato Freiheitstattangst.de , in omaggio alla campagna Freedom Not Fear a tutela dei diritti digitali, l’avvocato generale ha ritenuto che le esenzioni di responsabilità previste nei confronti degli intermediari dalla direttiva europea sul commercio elettronico ( 2000/31/CE ) si applichino senza distinzione al servizio offerto dal gestore del negozio in via accessoria rispetto alla sua attività economica. Mc Fadden, oltre a non essere il responsabile diretto della violazione del diritto d’autore, non operava controlli sul flusso di traffico degli utenti che si agganciavano alla rete, e quindi può essere definito come un prestatore di servizi mere conduit , sulla base dell’ Articolo 12 della direttiva: in quanto tale, spiega l’avvocato generale, “non può essere ritenuto responsabile di una violazione del copyright risultata dai dati trasmessi attraverso il servizio offerto”.
Szpunar, precisato che Mc Fadden non possa ritenersi responsabile della violazione, né possa essere punito per aver omesso di mettere in atto misure per prevenirla, ritiene che il quadro normativo europeo non impedisca ai sistemi giudiziari nazionali di emanare delle ingiunzioni nei confronti del fornitore di servizi mere conduit. Queste ingiunzioni, volte ad esempio a prevenire che in futuro terze parti abusino del servizio per violare il diritto d’autore relativo ad una specifica opera, devono però soggiacere a delle condizioni: prendendo in esame i casi Sabam vs. Scarlet e Telekabel , già esaminati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, l’avvocato generale spiega che le misure da implementare sulla base delle ingiunzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive , che non obblighino il fornitore di servizi a una sorveglianza generalizzata , che garantiscano l’opportuno equilibrio tra il diritto della proprietà intellettuale e il diritto alla libertà di espressione e di informazione dell’utente e il diritto d’impresa del fornitore di servizi.
Di conseguenza, imporre a Mc Fadden di disattivare il WiFi, di proteggerlo con una password per limitare gli accessi a individui identificabili o di sottoporre il traffico ad analisi sono da escludere.
Le conclusioni dell’avvocato generale Szpunar non rappresentano che un parere orientativo per l’analisi della Corte di Giustizia, che emetterà la decisione relativa al caso prima di tornare ad affidarlo alla giustizia tedesca. Si tratta di un confronto di interesse sotto diversi aspetti, tenuto conto che negli States l’industria dei contenuti sta tentando di imporre a meri intermediari come i fornitori di connettività l’obbligo di vigilare sui propri utenti, tenuto conto che il quadro normativo per la protezione del diritto d’autore online in Francia prevede e punisce la fattispecie della negligenza da parte dell’abbonato sulle violazioni che avvengano sulla sua connessione.
Gaia Bottà