È partito in sordina il nuovo standard 802.11R , meglio conosciuto come Fast Basic Service Set Transition : un sistema che permette un autentico roaming tra Access Point WiFi, senza alcuna disconnessione .
Scopo principale dell’introduzione di questa novità è quello di consentire a servizi come il VoIP di attraversare una rete passando da un Access Point ad un altro, senza che ciò introduca alcuna caduta di connessione e nessuna sensazione udibile dell’avvenuto “passaggio di mano” (dall’inglese, handover ).
Lo standard, infatti, prevede che l’ handover si compia nell’arco di 50 millisecondi : al di là delle garanzie di tenuta della connessione – attività anch’essa oggetto della progettazione – è comunque un tempo ridottissimo, che introduce un’interruzione del flusso audio praticamente inudibile .
Lo standard è stato curato da IEEE, acronimo di Institute of Electrical and Electronic Engineers . L’istituzione ha lavorato per quattro anni sul nuovo 802.11R, e già dal 2005 il progetto era stato ben definito nelle sue linee guida progettuali. Il rilascio delle specifiche finali, avvenuto solo questa estate, è dovuto probabilmente al ritardo con cui le sfere industriali e produttive si sono interessate ad una sua possibile introduzione commerciale.
La fase evolutiva di questo percorso progettuale non è comunque ancora terminata. Tuttavia, la spinta a concretizzare è ormai forte da più parti, visto anche l’interesse di un gigante come Microsoft il cui progetto Vi-Fi trae grande beneficio dalla possibilità del roaming . Alcuni ossevatori continuano però ad esprimere dubbi circa la rispondenza alle normative, che tanta enfasi pongono nel distinguere tra “nomadico” e “mobile”.
La funzionalità di roaming (che si svolge tecnicamente attraverso il meccanismo di handover ), sino ad oggi è stata prerogativa pressoché unica delle reti cellulari e fu introdotta per la prima volta in Italia dall’allora SIP, quando negli anni 80 lanciò sul mercato il servizio RTMI (Radio Telefonia Mobile Integrata), cioè i primi Radio Telefoni veicolari – pesanti e assolutamente non portatili – ma già serviti a tutti gli effetti una rete di macrocelle con tanto di passaggio automatico da una stazione all’altra.
La medesima funzionalità è stata poi perfezionata ed ereditata da tutti i sistemi successivi , da ETACS al GSM, fino all’odierno UMTS e sue successive evoluzioni. Se le reti WiFi riusciranno a svolgere autonomamente le stesse funzioni, gli operatori potrebbero sfruttare l’introduzione dell’802.11R per introdurre una ulteriore alternativa che garantisca la nascita di un servizio di tipo territoriale.
Uno dei possibili impieghi sarebbe ad esempio, con l’introduzione forse di una apposita licenza, la creazione di reti WiFi distribuite sul modello di FON (da qualcuno indicate come una spina nel fianco delle Telco), che già oggi contano diverse incarnazioni e molte migliaia di associati. L’utente finale, potendo passare liberamente da un Access Point all’altro e dotandosi di un cellulare WiFi equipaggiato di apposito software, avrebbe a disposizione un servizio equivalente a quello delle reti cellulari: con la non trascurabile differenza – a parità di servizi – di costi di esercizio probabilmente di molto inferiori.
Le indicazioni di mercato che oggi vogliono la picocella o la femtocella come la panacea di molti mali, rischiano di evaporare: si potrebbe assistere al proliferare di reti FON-like , che costringerebbero gli operatori cellulari in tutto il mondo a rivedere molte delle proprie politiche commerciali e di marketing. Lo stesso WiMax , che già prevede il roaming , rischia di veder intaccata la sua già controversa posizione sul mercato dall’introduzione di 802.11R.
Marco Valerio Principato