È emerso un caso finora apparentemente sconosciuto alla Rete del Regno Unito, un precedente venutosi a creare nel corso della scorsa estate. Graham Cove, responsabile del provider britannico The Cloud , ha solo recentemente offerto il suo punto di vista su una vicenda che ha coinvolto un pub non meglio identificato e un gruppo di detentori dei diritti. 8mila sterline (quasi 8800 euro) di multa sono piovute sulla testa del proprietario di un locale rimasto anonimo, accusato di aver lasciato che qualcuno scaricasse materiale protetto da copyright grazie ad una rete WiFi aperta e a disposizione dei clienti.
Cove è intervenuto a rivelare i pur scarsi dettagli sulla vicenda dal momento che il pub – il cui proprietario non avrebbe dato l’assenso a rivelare nome e posizione – è attualmente parte di un gruppo di locali che fanno capo al provider The Cloud . Questo è un fornitore di connettività con base nel Regno Unito, che si è poi esteso in gran parte d’Europa attraverso la rete wireless e i suoi hot spot. Proprio uno di questi punti d’accesso sarebbe stato utilizzato da un cliente per scaricare materiale illecito, mettendo nei guai il proprietario del pub, sanzionato per non aver vigilato efficacemente sulle attività online dei suoi avventori .
Intervistata da ZDNet UK , Lilian Edwards – professore di diritto e Internet alla Sheffield Law School – ha sottolineato come un’attività commerciale che ospita una rete WiFi non dovrebbe risultare in teoria responsabile di eventuali pratiche illecite da parte dei suoi clienti, stando in particolare all’attuale legge britannica sul copyright. Edwards ha continuato spiegando che l’annunciato disegno di legge sull’economia digitale ( Digital Economy Bill ) non prevederebbe l’applicazione della misura delle disconnessioni nei confronti degli esercizi come ad esempio un pub, protetti da un’ eccezione relativa ai fornitori di servizi di comunicazione pubblica .
Sarebbero dunque soltanto gli abbonati a poter subire la ghigliottina dei tre colpi, fortemente voluta dal Segretario di Stato britannico Lord Mandelson per arrivare a ridurre del 70 per cento le attività di file sharing illegale entro un anno. Edwards è comunque rimasta scettica, facendo notare che gli strumenti previsti dal Digital Economy Bill non saranno sufficienti per risalire all’identità di un cliente che ha scaricato illegalmente da un hot spot, magari bevendoci su una pinta. L’indirizzo IP che si otterrebbe è quello del punto d’accesso, ha spiegato Edwards.
Un interrogativo è emerso dal momento che i detentori dei diritti andrebbero comunque alla caccia dell’IP che ha violato il copyright, per scoprire poi che è di proprietà del gestore del locale. A quel punto come si comporterebbe il proprietario di un pub? Edwards ha invitato gli esercenti ad unirsi per proporre un codice unico di condotta, affinché si possa ricorrere in appello prima e non dopo le disconnessioni forzose volute da Lord Mandelson.
Mauro Vecchio