Il soldato 22enne Bradley Manning, unico sospettato della fuga di notizie che ha portato a Wikileaks testimonianze scottanti sul conflitto in Iraq, dovrà vedersela con otto capi di accusa secondo la legge federale e due secondo il codice militare. Spaziano dall’accesso non autorizzato a computer alla trasmissione di informazioni riservate, e possono costargli tra i 50 e i 70 anni di reclusione.
Il capo di imputazione più grave è l’aver passato informazioni riservate a parti terze non autorizzate : il fatto che l’accusa abbia risparmiato al soldato addetto all’intelligence il riferimento a “una nazione straniera” significa che la pena di morte non sarà contemplata.
Tra le documentazioni divulgate da Manning, il video che immortala un elicottero Apache dell’esercito degli Stati Uniti sparare, apparentemente senza alcuna ragione, ad un gruppo di civili tra cui due bambini e un fotografo Reuters con il suo assistente. Situazione che l’esercito aveva definito “attacco subito da forze ostili”.
Mentre WikiLeaks, via Twitter, sembra già considerare Manning un martire della causa (“il Daniel Ellsbarg dei nostri tempi”, cinguetta facendo riferimento al soldato che ha divulgato una serie di documenti top secret nel tentativo di fermare la guerra in Vietnam), e il cracker Lamo (colui che ha fatto il suo nome ai militari) tenta di chiedergli scusa “per non essere stato un buon amico”, il soldato Manning è detenuto a Camp Arifjan, Kuwait.
Claudio Tamburrino