Roma – Giorni bollenti per il WiMax: nelle scorse ore l’ ITU , l’agenzia ONU per le telecomunicazioni, ha assegnato formalmente alla nuova tecnologia wireless lo status di standard internazionale . Il WiMax è ora parte delle tecnologie di terza generazione per le comunicazioni wireless. E proprio in queste ore l’Italia fa i conti, è proprio il caso di dirlo, con l’avvenuta pubblicazione del bando per l’assegnazione delle licenze.
Sulla gara, infatti, pesa il ricorso sostenuto dall’associazione Anti Digital Divide della società MGM Productions Group (già in possesso di una licenza WiMax in Germania), che davanti al TAR del Lazio sostiene la tesi ripetuta a più voci da numerosi esperti, ovvero che la gara per il WiMax all’italiana favorisca le grandi società di telecomunicazione .
Ai piccoli operatori resteranno davvero solo le briciole? E questo che conseguenze avrà sull’utenza, sui servizi che saranno effettivamente resi disponibili, considerando anche che le frequenze assegnate con questa gara non consentiranno l’uso del WiMax in mobilità ?. C’è chi teme persino che le speranze di un WiMax davvero anti divisione digitale sia già sfumata. Ma non tutti usano toni apocalittici.
Fra i primi a commentare il bando pubblicato con il disciplinare è stato l’esperto di cose di rete Stefano Quintarelli , che evidenzia la necessità di un’interpretazione autentica per fare luce su alcuni punti oscuri del provvedimento, in particolare sulle possibilità di backhauling , sulla mancanza di indicazioni riguardo all’impiego di postazioni mobili (ad esempio si chiarisce solamente che “le postazioni utente fisse devono essere registrate in appostito registro”) e sulla copertura. Gli fa eco Luca Spada , CEO di NGI , che amplia il concetto spiegando che “il vero nodo da chiarire è la possibilità o meno di collegare utenti nomadici/mobili. È la chiave di volta che sposta di 100:1 il valore di questi diritti d’uso”.
WiMax mobile? Ne parla anche non a caso Guido Tripaldi , presidente del Consorzio Voipex , che sottolinea :”Il successo dell’asta, ovvero la giustificazione alla partecipazione a questa e l’importo delle offerte e dei rilanci, dipende molto da questo punto”. Il dubbio sulle possibilità di utilizzo del WiMax per soluzioni mobili, spiega Tripaldi, deriva “da una posizione apparentemente sfavorevole dell’Autorità”, sostenuta da un un passo della delibera 209/07/CONS “che indica come alcuni modi d’uso ed alcune architetture di rete potrebbero essere soggetti a restrizioni specifiche sia della flessibilità di utilizzo delle frequenze che delle relative condizioni tecniche. In particolare il servizio mobile, che presenta scenari maggiormente critici in termini di coesistenza con sistemi simili o sistemi che adoperano altre architetture di rete, potrebbe richiedere delle norme tecniche più restrittive, rispetto ad altri modi d’uso “.
Il Bando non entra però nel merito e dichiara di fare proprio il principio della neutralità tecnologica , “Pertanto il dubbio va sciolto consultando la materia comunitaria”, conclude Tripaldi, evidenziando come in varie occasioni la Commissione Europea abbia espresso posizioni favorevoli all’impiego delle tecnologie BWA sui 3.5GHz per soluzioni fisse, nomadiche o mobili (si vedano in proposito i rapporti pubblicati dal Radio Spectrum Committee in aprile e del 5 ottobre ).
Come accennato, le frequenze che rientrano nella competenza del bando (banda 3.4-3.6 GHz) sembrano idonee alla connettività fissa . Perché si possa parlare di WiMax mobile, infatti, gli esperti indicano come banda quella 2.3-2.4 GHz. Ed è con ogni probabilità anche per questo che già la scorsa settimana Corrado Calabrò , presidente dell’Authority delle Comunicazioni, si è detto soddisfatto per le frequenze “liberate” dal ministero della Difesa aggiungendo, però, che non sono sufficienti . A suo dire, “indipendentemente dal catasto delle frequenze che stiamo inventariando” la Difesa potrebbe forse lavorare per mettere a disposizione altre frequenze . “Ho motivo di ritenere – ha evidenziato Calabrò – che utilizzando razionalmente le frequenze, altre si rendano disponibili e queste sarebbero immediatamente utilizzabili”.
L’iter della procedura avanza e il ricorso presentato da MGM Productions Group e appoggiato da ADD potrà rivelarsi un ostacolo solo quando e se il TAR decidesse di accoglierlo in toto, rinviando nuovamente l’arrivo del WiMax in Italia. Un’attesa che, peraltro, molti consumatori si dicono disposti ad accettare in cambio di un WiMax più vicino alle reali esigenze del paese.
Di seguito il commento sul bando di Fulvio Sarzana di S. Ippolito, avvocato dello studio Lidis, da tempo impegnato sul fronte del wireless italiano.
Dario Bonacina Roma – Il tanto atteso bando di gara per l’assegnazione dei diritti d’uso WiMax è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Una premessa risulta necessaria: gli Autori (ovvero l’Autorità per le garanzie nelle TLC e il ministero delle Comunicazioni) non vinceranno di certo il premio Nobel per l’economia come lo hanno vinto Leonard Hurwicz della Università del Minnesota, Roger B. Meyerson della Università di Chicago e Eric Maskin della Università di Princeton, che hanno studiato l’allestimento di meccanismi tali da ridurre le asimmetrie informative che maggiormente inficiano il funzionamento del mercato.
Così come il Ministero delle comunicazioni, a dispetto del nome, non vincerà alcun premio sulla comunicazione per l’evidente “goffaggine” con la quale ha gestito la fase degli annunci relativi all’uscita del bando.
A partire infatti dalla metà di quest’anno sino ad oggi si sono succedute notizie (a volte del tutto opposte) fornite da diversi esponenti dell’Amministrazione sull’imminente pubblicazione, culminata con una conferenza del ministro convocata quasi nottetempo, ed alla presenza di pochi giornalisti “embedded” si suppone assonnati e sorpresi, e non in grado di fare, come dovrebbe accadere durante una conferenza stampa, domande precise ed incalzanti.
Va anche detto che l’estenuante “tira e molla” con il ministero della Difesa per il rilascio delle frequenze ha notevolmente sfiancato il pur determinato ministro delle Comunicazioni, che alla lunga l’ha però spuntata.
Tornando alle reazioni prodotte dalla pubblicazione, la sensazione che si respira è quella di una diffusa delusione dovuta essenzialmente ad un fattore principale: l’immagine di un bando ad uso e consumo dei big della telefonia che, secondo le osservazioni di diversi commentatori, non avrebbe tenuto in dovuta considerazione le asimmetrie presenti nel mercato delle telecomunicazioni tra imprese in grado di avvantaggiarsi di economie di scala, come i grandi operatori, e i soggetti invece di più limitate risorse economiche, che sarebbero tagliati fuori dalla competizione.
Tra i risultati di questa impostazione vi è la pendenza di un ricorso presentato da un potenziale concorrente dei suddetti big, che sarebbe rimasto escluso dai “giochi” preliminari alla presentazione delle domande per la partecipazione.
Cominciamo da quest’ultimo: secondo quanto è dato apprendere dalla testata che per prima ha pubblicato le motivazioni dei ricorrenti, il presupposto da cui partono questi ultimi risiede nella circostanza che il regolamento (e di conseguenza il bando) finirebbe per favorire i big delle comunicazioni mobili.
La dimostrazione, fra l’altro, verrebbe dal fatto che a resistere al ricorso preparato dal concorrente vi siano i big della telefonia mobile.
Quest’ultima circostanza è però a mio avviso difficilmente sostenibile, basta infatti verificare (semplicemente recandosi sul sito del TAR e verificando le Parti del procedimento) come ad oggi nel giudizio si sia costituita la sola Telecom Italia e non gli operatori mobili, il che induce a pensare che gli altri big della telefonia siano stati semplicemente chiamati in giudizio probabilmente direttamente dalla società ricorrente che ha l’obbligo per legge di notificare il ricorso almeno ad un controinteressato scelto peraltro da lui stesso.
Questo mi sembra già un indizio sufficiente del fatto che lo “scontro” titanico tra un piccolo concorrente ed i grandi big in realtà non ci sia.
La presentazione del bando come lotta tra il piccolo provider e gli operatori di telefonia mobile è però del tutto impropria per un motivo che si deve ritenere decisivo: le bande di frequenza rilasciate dal ministero della Difesa per questa tornata (dai 3.4 ai 3.6 GHZ ) non sono idonee ad effettuare WiMax in mobilità o in nomadicità, ed anzi, a dispetto da quanto affermato da esponenti governativi che lascerebbero intendere anche un uso in mobilità, sembrerebbe che dal bando stesso e dalle norme europee in materia venga espressamente esclusa la possibilità di effettuare la mobilità con queste frequenze.
Rimando in materia a quanto affermato da Guido Tripaldi (Voipex) secondo cui, cito testualmente: “WiMax nella banda dei 3.5GHz è inadatto a fornire servizi wireless in mobilità (dati e/o voce) confrontabili con quelli UMTS sui 2,1 GHz, a causa della ridotta o nulla penetrazione indoor del campo elettromagnetico a quella lunghezza d’onda”. In aggiunta va ricordato anche che, allo stato attuale, non esisterebbe uno standard condiviso che consenta l’interoperabilità del WiMax in mobilità.
Queste considerazioni sono più che sufficienti per ritenere che in verità gli operatori mobili non abbiano questo grande interesse alla partecipazione o alla esclusione di concorrenti, come sarebbe stato se avessero invece licenziato bande comparabili con quelle “UMTS sui 2,1 GHz” (che consentono l’uso in mobilità). In quel caso gli operatori mobili avrebbero sicuramente impedito la nascita del WiMax impugnando il bando in tutte le sedi possibili.
Veniamo alle mancate misure asimmetriche presenti nel bando, che, se introdotte, avrebbero invece garantito la partecipazione anche degli operatori di dimensioni più ridotte, oltre a farci venire il sospetto che gli estensori della norma avessero realmente letto le opere dei premi nobel per l’economia.
Non vi è dubbio che – diversamente dal bando sul Wireless Local Loop, che sembrava essere all’origine il modello da seguire anche nel WiMax e che prevedeva misure asimmetriche a danno dell’operatore dominante (nella fattispecie Telecom Italia) – in questo bando non vi siano questo genere di misure asimmetriche. Vanno però dette due cose:
1) la prima è che gli estensori della norma hanno comunque previsto la presenza di una licenza regionale per i nuovi entranti che “dovrebbe” nelle intenzioni garantire una certa forma di concorrenza;
2)la seconda, e ben più importante, è che sia l’Autorità che il Ministero hanno poteri del tutto diversi rispetto a quello che accadeva nel passato (quindi anche nel caso del WLL); oggi senza un’analisi di mercato effettuata dall’AGCOM che individui posizioni di dominanza, e anche in queste ipotesi (come dimostra il braccio di ferro tra l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e Telecom Italia sullo scorporo della rete), la possibilità di imporre misure regolamentari asimmetriche ex ante è fortemente limitata.
Questo accade a maggior ragione quando vi è un’incertezza sulla collocazione dei fenomeni emergenti nei mercati già esistenti.
In questa prospettiva il mercato del WiMax non è stato definito dall’Autorità, che potrebbe difendersi da tali obiezioni sostenendo che il WiMax non può essere collocato né nel mercato delle comunicazioni su rete fissa (che se individuato avrebbe portato alla possibile irrogazione di misure asimmetriche contro la sola Telecom Italia), né nel mercato delle comunicazioni su reti mobili (per i motivi che ho spiegato sopra): sarebbe un fenomeno nuovo che però non rientrerebbe nemmeno nei cd. mercati emergenti e quindi vive di fatto in uno stato di “latenza” normativa.
In questo mutato quadro regolamentare, l’Autorità probabilmente non se l’è sentita di imporre misure asimmetriche ex ante temendo probabili ricorsi da parte dell’operatore dominante ma introducendo al contempo nel bando concetti di paragone in grado di confondere le idee agli operatori, quali la telefonia di terza generazione (ovvero l’UMTS) in un bando di gara che, rivolgendosi essenzialmente al mercato dell’ultimo miglio, doveva avere altri elementi di valutazione (e di esclusione).
Questa confusione appare l’ultima e più decisiva ragione per la quale gli estensori della norma non potranno probabilmente partecipare alla prossima candidatura al premio Nobel, e sembra essere anche la fonte della confusione tra comunicazioni mobili e fisse che sembra aver afflitto anche chi ha deciso di impugnare il provvedimento.
Tornando a eventuali ricorsi e alla prosecuzione in giudizio e agli obiettivi seri che si possono ottenere, ritengo che se i ricorrenti dovessero proseguire con questa impostazione potrebbero facilmente ottenere l’effetto opposto visto che, fino alla conclusione dell’analisi di mercato sulle comunicazioni mobili, l’Autorità (fino ai provvedimenti futuri che si rendono a questo punto necessari) ha ritenuto che vi sia piena concorrenza, e quindi la collocazione del WiMax nella prospettiva delle comunicazioni mobili determinerebbe a priori l’impossibilità di proporre alcuna norma asimmetrica a tutela dei piccoli operatori in un mercato dall’Autorità stessa definito concorrenziale.
Fulvio Sarzana di S.Ippolito
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