L’ostacolo più grande non è tanto la frequenza, seppure i 3GHz non siano il massimo. E neppure la modalità di assegnazione o il costo delle licenze: questi sono “problemi” minori, nel senso che il costo non è stato neppure eccessivo secondo gli operatori coinvolti e per coprire le zone digital divise ci si riesce a mettere d’accordo. Il problema pare essere essenzialmente la burocrazia : così come accadde all’epoca dell’acquisizione dei siti per la telefonia mobile, qualche ritardo il WiMax l’ha accumulato proprio per via delle complicate procedure per l’ottenimento di tutti i permessi necessari a mettere in piedi le stazioni trasmittenti.
In ogni caso, confermano molti dei licenziatari, a 12 mesi di distanza il wireless a banda larga fa passi in avanti interessanti: c’è stato ancora qualche ritardo per via della tecnologia non ancora pienamente matura (ma che ora si avvia tranquillamente verso l’interoperabilità piena), ma la cosa sembra che proceda regolarmente. Lo conferma Abramo Volpi , direttore marketing di Aria , che spiega a Punto Informatico che questa è “una fase in cui tutti gli operatori stanno lavorando alacremente per implementare la rete e cominciare a testare e commercializzare i servizi”.
Inoltre, prosegue, si inizia anche a “valutare la risposta del mercato rispetto al lancio di questi servizi e della tecnologia, che in Italia è declinata per tutti o quasi in un’offerta banda larga e servizi voce VoIP”. Il risultato, anticipa Volpi, è piuttosto buono e al di sopra delle aspettative.
Anche Mandarin , operatore siciliano, è in fase avanzata dell’implementazione della propria rete: l’amministratore delegato Vincenzo De Caro racconta a Punto Informatico come qualche ritardo (anche se “non tutti lo dicono”) è stato legato a un po’ di attesa perché la tecnologia si stabilizzasse, sia per le base station che per gli apparati degli utenti. “Ora che la situazione si è stabilizzata, anche per una questione di interoperabilità, abbiamo iniziato da qualche mese ad erogare servizi per la clientela business: a brevissimo, già da questo mese di giugno, inizieremo anche a rivolgerci alla clientela residenziale”.
Da ottobre, prosegue De Caro, sono iniziate le installazioni a Catania e che proseguiranno fino a coprire le province di Ragusa, Siracusa, Enna, Caltanissetta e la parte sud di quella di Messina. “Nella seconda parte del 2009 – aggiunge – inizieremo a portare il backbone della rete e la struttura di trasporto in Sicilia occidentale, iniziando da Palermo”. Sempre che non ci si metta di mezzo la burocrazia : “Selezionare il vendor che fornisce gli apparati di rete necessari è un problema relativo – chiarisce Volpi – Lavorare con le Pubbliche Amministrazioni per tutto il processo di ottenimento dei permessi per l’installazione dell’antenna è una componente significativa: identificato il sito e selezionato il fornitore, occorre attendere il rilascio dei permessi, con tempi diversi a seconda della regione in cui si opera”.
Ci sono molti regolamenti comunali specifici che complicano il quadro, aggiunge Volpi, e quindi “al momento sono tutti fattivamente occupati a risolvere la cosa: c’è un’attività propedeutica all’installazione e poi c’è l’installazione effettiva, per arrivare alla quale occorre ottenere l’ok di comuni, regioni e ARPA, rispettando regolamenti sull’inquinamento elettromagnetico e le indicazioni delle sovraintendenze sui vincoli architettonici”. In ogni caso, ribadisce, “Chi ha cominciato a commercializzare il servizio come noi, anche su scala ridotta, ha bene o male riconosciuto una risposta del mercato molto positiva anche dal punto di vista della domanda. Il servizio funziona bene, offre una buona qualità e una discreta affidabilità, si posiziona come alternativa all’ADSL ma arriva anche dove l’ADSL non c’è”. Ed è proprio nell’ottica del principio della copertura del digital divide che si muove Mandarin: “Volendo è un elemento di differenziazione del WiMax – spiega De Caro – Non è un sostituto dell’ADSL su rete fissa, ma è possibile lanciare un’iniziativa come quella che stiamo approntando a Randazzo, a nordest dell’Etna, dove gli utenti lamentano problemi legati alla vetustà dell’infrastruttura in rame, e quindi si trovano in una situazione di micro-digital divide “. In prospettiva, in ogni caso, c’è anche la nomadicità: “Ci crediamo molto – conferma Mandarin – sono tutte comunque modalità di utilizzo strettamente legate alla copertura, e con il crescere di quest’ultima verranno col tempo”.
Impossibile non toccare a questo punto la questione frequenze : in molti hanno criticato la scelta italiana dei 3,5GHz, che in qualche modo limita la possibilità di gestire un meccanismo altamente pervasivo, puntando sulla possibilità di allargare il WiMax anche a 2,6GHz. Frequenza che tuttavia fa gola anche alla telefonia mobile. “Se fossimo stati negli anni d’oro della espansione delle telco, l’accesso alle risorse finanziare per l’acquisizione delle frequenze sarebbe stato gestito con maggiore tranquillità – spiega De Caro a Punto Informatico – Oggi sicuramente l’approccio va misurato, vanno tenuti in considerazione i ritorni di questi investimenti su tempi lunghi, soprattutto quando si considera il mercato residenziale”.
De Caro conferma che AGCOM è comunque molto attenta al problema, ed è stata investita da parte dei licenziatari WiMax di una serie di sollecitazioni in materia di garanzie che coprissero gli sforzi fatti per la creazione della nuova rete wireless : “Mettere in piedi un operatore di telecomunicazioni, pur regionale come nel nostro caso – aggiunge De Caro parlando della sua Mandarin – richiede sforzi organizzativi significativi, in termini di procedure di fatturazione, di marketing, di definizione di prodotti: la complessità non è paragonabile a quella di un ISP, piuttosto si avvicina a quella di un operatore mobile”.
Volpi, per conto di Aria, sgombra pure il campo rispetto all’altra grande questione: le licenze sono state pagate troppo ? “Non è questione di aver pagato troppo le licenze – spiega a Punto Informatico – In generale l’Italia non è molto attenta al tema dello sviluppo delle reti, non è sempre facile costruirne di nuove: gli enti locali non sviluppano meccanismi che facilitino la crescita dell’infrastruttura. Da questo punto di vista, occorre valutare i costi pagati: noi abbiamo un business plan che remunera quel valore, con tempi anche inferiori a quelli di un operatore mobile ma con problematiche differenti, ma non è tanto un problema di prezzo. Il ritorno dell’investimento passa dalla possibilità di sviluppare in tempi ragionevoli la rete”. La domanda, tutti lo ribadiscono, c’è: e forse tra gli assegnatari di licenza il meno attivo fino ad oggi è stato proprio l’incumbent della rete fissa, vale a dire Telecom Italia. Non stupisce che quindi abbia deciso di stringere un accordo proprio con Aria, un accordo tanto raro perché vede Telecom nella posizione di azienda che acquista un servizio da un’altra. “L’accordo nasce da un’idea, dalla voglia di avviare un processo intelligente di coopetition – spiega a Punto Informatico l’amministratore delegato di Aria, Mario Citelli – Telecom non aveva programmi particolari per il WiMax, presa com’è nelle scelte riguardanti NGN e fibra: abbiamo fatto un accordo, ci siamo presi la responsabilità di garantire anche gli impegni di copertura minima presi a suo tempo con il Ministero, perché crediamo che questa tecnologia possa essere vincente con livelli di massa critica adeguati”.
Non c’è il rischio, chiediamo, in era di Rapporto Caio che WiMax faccia la fine di Cenerentola, che venga relegata in un angolo anche rispetto ai finanziamenti in gioco in qualità di tecnologia subordinata ? “Investire nella fibra può essere complicato – aggiunge Citelli – Non ho difficoltà a pensare al WiMax come una tecnologia subordinata alla fibra: ma se in un paese del futuro la FTTH (fiber to the home, ndr) sarà il punto fisso sul piano tecnologico, basti pensare a Giappone o Corea che sono già avanti in questo discorso, l’Italia resta un paese con una geografia particolare. Ci sono molti comuni di piccole dimensioni da coprire, e per questo credo sia più giusto definire il WiMax come complementare più che subalterno”.
Attenzione poi, e questo lo sottolinea De Caro, a non ritenere il WiMax soltanto uno strumento per navigare : “Il WiMax non è solo connettività – chiarisce a Punto Informatico – nel nostro approccio non viene vista solo come una infrastruttura per navigare, per fare VoIP o stare sui social network: è una struttura di comunicazione machine to machine , serve ad abilitare una serie di servizi di videosorveglianza, di controllo del territorio, di monitoraggio del rischio idrogeologico”. La visione di Mandarin, aggiunge, “esprime bisogni e percezioni della Sicilia, diversi da altre aree della nazione: è una visione turistica, che insiste su aree suburbane o rurali che spesso soffrono pure di una scarsa copertura in rame”.
Si potrebbe, insomma, allo stesso tempo ampliare l’infrastruttura in grado di veicolare i servizi della pubblica amministrazione del territorio, e il citato rischio idrogeologico è solo uno degli esempi più immediati, ma pure tentare di esplorare nicchie di mercato specifiche altrimenti difficilmente percorribili, in sinergia con l’architettura fissa o mobile tradizionale. La stessa Aria, azienda umbra, come racconta Volpi ha un gran numero di esempi di occasioni nelle quali per tante ragioni anche dove l’ADSL (e quindi in teoria la banda larga) c’è, lo spazio per il WiMax resta comunque : basti pensare al centro storico di una città come Perugia, dove a volte ci sono piccoli buchi di connettività da coprire, o un servizio più efficiente da offrire al pubblico.
Sia Mandarin che Aria confermano di essere a buon punto dello sviluppo del servizio: la seconda, anche in virtù dell’accordo raggiunto con Telecom e grazie alle licenze acquisite per l’intero territorio nazionale, si avvia ad una copertura di diverse regioni già a partire da questi mesi e per tutto il 2010, con l’Umbria (dove gioca in casa) già a buon punto. Non è escluso che in futuro altri accordi tra gli operatori possano esserci in direzione di una “razionalizzazione del concetto di open network”, così la definisce l’AD Citelli, un po’ come successe nel ’98 all’epoca della liberalizzazione del fisso e degli oltre 300 operatori spuntati ovunque come funghi.
Le offerte, per i privati e le aziende, ormai sono sul mercato da qualche mese, e presto potrebbero anche allargarsi: resta da capire se l’impegno di queste aziende, e di Intel che continua a sponsorizzare ogni volta che è possibile la tecnologia, riusciranno a rilanciare e far affermare definitivamente il WiMax. Qualcosa si muove anche sull’altra sponda dell’oceano, ma nonostante siano trascorsi 12 mesi dall’assegnazione delle licenze italiane forse oggi è ancora presto per stilare un giudizio definitivo.
a cura di Luca Annunziata