Per poter funzionare correttamente, Windows 11 richiede che sul computer impiegato vi sia il supporto alla tecnologia di avvio sicuro TMP 2.0. Questo elemento, unitamente al fatto che vengono richiesti almeno 64 GB di spazio d’archiviazione, fa sì che il più recente sistema operativo di casa Microsoft risulti praticamente inaccessibile per circa un decimo dei PC aziendali presenti su piazza.
Windows 11: un decimo dei computer aziendali non lo supporta
A rivelare il dato in questione è un recente studio condotto dalla società d’analisi IT Riverbed, il quale ha riguardato un pool di circa 2 milioni di sistemi. Il 23% del totale può ricevere un aggiornamento hardware risolutivo, ma per il 12% di essi non vi è nulla da fare e l’unica via da percorrere è la sostituzione oppure non aggiornare a Windows 11 e continuare a usare il sistema operativo in essere, che nella maggior parte dei casi è Windows 10 (e che comunque continuerà ad essere supportato ancora per parecchio tempo).
Il resto delle specifiche come RAM, tipo di processore o frequenza sono invece idonee. La cosa non sorprende più di tanto considerando che da questo punto di vista Windows 11 non è molto esigente, con 4 GB di RAM e una CPU dual-core con frequenza operativa di 1 GHz.
Da notare, comunque, che Microsoft ha deciso di fare una scelta piuttosto drastica in relazione alla retrocompatibilità del suo nuovo OS. La questione non verte sulle prestazioni, bensì sulla sicurezza. In sostanza, l’azienda ha lasciato indietro tutti i processori vulnerabili alle falle di sicurezza più gravi relative alle CPU che erano emerse qualche anno fa, note come Meltdown e Spectre, impossibili da chiudere in maniera completa.