La partita Microsoft è ancora tutta da giocare ma le strade che conducono alla risoluzione del caso non sono certo infinite. Una di queste è stata in questi giorni appoggiata da più parti ed in particolare dal dipartimento di giustizia (DoJ) e da diversi stati americani: la liberalizzazione del codice sorgente di Windows.
La cosa sembra incredibile solo a pensarci, specie per chi convive con quello che alcuni chiamano “il grande fratello” da anni e anni: diciamo dal tempo del DOS.
D’altronde il giudice Jackson ha sottolineato il fatto che gli attuali sistemi concorrenti, come Linux, BeOS, Mac od OS/2, non rappresentano che una marginale quota di mercato, quota non certo sufficiente a liberare Microsoft dall’accusa di monopolio.
Coloro che sostengono la via dell’open source, fra i cui condottieri troviamo Sun e Novell , ritengono che questa mossa potrebbe davvero rimettere su di un piano più orizzontale l’interno mercato del software e impedire che questo processo finisca “in una mezza farsa”.
Ma come potrebbe essere attuata una cosa del genere? Nella forma classica di open source il codice di Windows diverrebbe di pubblico dominio e pertanto modificabile da chiunque. Una variante potrebbe essere quella in cui Microsoft o un’altra società, ne controlli e ne supervisioni lo sviluppo. Ma alcuni si contenterebbero anche di una forma meno drastica di “sanzione”, cioè obbligare Microsoft a concedere le licenze sul codice sorgente dietro pagamento.
In ogni modo, quella dell’open source è una via delicata e, se vogliamo anche estrema contro la quale Microsoft si scaglierà con ogni mezzo. Non resta che seguirne gli sviluppi.