Nel mondo dei motori di ricerca c’è anche la categoria dei cosiddetti people search engine , quelli cioè che consentono di cercare persone . Tra questi Wink , latore di una novità in grado di aumentare il controllo sulle informazioni personali di ciascuno, che circolano in rete. È ora possibile, infatti, chiedere a Wink di eliminare i dati che riguardano l’utente e che questi non desidera far apparire tra i risultati di ricerca: una volta validato l’utente, i link “sconsigliati” sono eliminati.
“Questo non significa che quegli stessi dati spariscano anche da Google”, precisa cnet , a cui il presidente di Wink, Michael Tanne, spiega che un terzo dei 3 e più miliardi di ricerche sulle persone oggigiorno è svolta sui people search engine , mentre il resto è diviso tra i motori di ricerca tradizionali e i network sociali. Non solo: i contenuti di Wink sono anche registrati dai normali motori di ricerca. Yahoo!, ad esempio, li riporta, mentre per Google ancora non c’è grande allineamento, anche se i tecnici stanno lavorando per risolvere questo impasse . “Ne deriva che farsi riconoscere da Wink e chiedere una rimozione o un aggiornamento, in fin dei conti non può che essere positivo e, alla lunga, può anche aiutare”, dice Tanne.
Altre novità, introdotte da Wink comprendono il messaggio “in differita”: ad esempio, se si cerca qualcuno su Wink e questa persona non è presente nel motore, si può lasciare un messaggio “in sosta” verso quel nome. Se e quando quel nome dovesse un giorno registrarsi a Wink validando la propria identità, troverà il messaggio e saprà, anche dopo molto tempo, di essere stato cercato e da chi.
La sfera in cui agiscono Wink e altri motori simili (come ad esempio Spock ) è comunque molto delicata . Al loro interno, innanzi tutto, è memorizzato un vero e proprio condensato di dati personali. Ne deriva una responsabilità di grande rilievo per la difesa della privacy: una piccola defaillance creerebbe circostanze dai risvolti imprevedibili.
Sotto il profilo legale, quel che Wink ha presentato come novità spesse volte si configura come un pieno diritto : non a caso, già nel 2005 il Garante italiano per la Privacy si preoccupava del diritto all’oblio sui motori di ricerca per poi arrivare, in tempi molto più recenti, a sollevare l’attenzione nel rilevare una situazione decisamente più critica . L’inasprirsi di problematiche correlate al binomio Internet-privacy, infatti, rischia di far collassare o addirittura ribaltare idee da un lato brillanti e originali, dall’altro difficili da gestire . Quel che è certo è che, con tutti i suoi difetti, il primo barlume di “diritto all’oblìo” in un motore di ricerca sembra averlo introdotto proprio Wink.
Marco Valerio Principato