Il nuovo servizio messo a disposizione da Stephen Wolfram si chiama Image Identification Project (IIP), uno strumento sperimentale pensato per applicare gli algoritmi di intelligenza artificiale della piattaforma Wolfram al riconoscimento delle immagini.
In teoria, con IIP dovrebbe essere possibile trascinare una qualsiasi immagine (nei formati più comuni) per ricevere in risposta l’identificativo del contento del file grafico, le sue caratteristiche salienti e tutto quanto disponibile sulla piattaforma Wolfram riguardo all’argomento.
In pratica, il nuovo servizio di “intelligenza” artificiale di Mr. Wolfram è al momento estremamente limitato nelle sue presunte capacità identificative, e quando si va oltre un tentativo riguardante un oggetto o un argomento comune (per cui i motori di ricerca online sarebbero in grado di fornire intere enciclopedie di informazioni) il risultato è nient’altro che comico . Per dire, un’immagine di Wolfram stesso in conferenza viene identificata come il podio che lo ospita.
Lo stesso imprenditore di “motori di conoscenza” e di Mathematica ammette che IIP non funziona sempre a dovere; ma il più delle volte “funziona straordinariamente bene”, sostiene ancora Wolfram, e quando qualcosa va storto gli errori assomigliano molto a quelli di un essere umano. Un po’ come quando il servizio scambia un famoso personaggio videoludico in armatura medievale con una tuta spaziale , tutto obbiettivamente molto umano.
La comicità involontaria di uno strumento come IIP serve in realtà a confermare l’estrema difficoltà connessa alla creazione di algoritmi davvero intelligenti, una difficoltà che, nel caso del riconoscimento delle immagini, ha già da tempo spinto Google a investire tempo e denaro per ottenere risultati degni di attenzione. Anche Baidu, il colosso della ricerca Web cinese, ha commissionato un supercomputer (Minwa) con 72 CPU e 144 GPU per “insegnare” alle macchine a non scambiare le illustrazioni di armature medievali per tute spaziali.
Alfonso Maruccia