Dopo oltre dieci anni di discussioni, proteste, lobbismo puritano e ingerenze governative, ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) ha finalmente lanciato il cuore oltre l’ostacolo ratificando l’approvazione definitiva dei domini di primo livello “xxx” . Il porno in rete avrà dunque il suo distretto “speciale”. Ma la vicenda appare ben lungi dal potersi definire conclusa.
La proposta dei gTLD per adulti ratificata da ICANN ricalca quella originariamente portata sul tavolo da ICM Registry , che già nel lontanissimo 2000 chiese all’organo di governo dei domini telematici di poter gestire i TLD XXX. Nel corso del tempo la proposta iniziale è stata bocciata, riformulata, approvata e ancora ritardata , con ICANN che ha avuto il poco invidiabile merito di spingere sulle barricate associazioni, istituzioni statunitensi e la stessa industria del porno.
La decisione finale della governance del sistema DNS prevede dunque che sia ICM a gestire i domini XXX vendendoli a tutti i clienti interessati , mentre per l’assegnazione vera e propria di un dominio a luci rosse occorrerà seguire un iter controllato dalla International Foundation for Online Responsibility .
Resteranno rigorosamente fuori dalla porta tutti gli aspiranti che non avranno le dovute credenziali di appartenenza al porno-business, mentre le aziende del settore avranno la possibilità di riservare i domini XXX desiderati così da “proteggere i propri brand e i diritti di proprietà intellettuale” attraverso di essi.
Dunque, lunga vita ai domini XXX? Tutt’altro: la burocrazia e le procedure legali stabilite da ICANN dovranno fare i conti prima di tutto con l’ostracismo dell’industria pornografica che ha prima manifestato il proprio malcontento con dei veri e propri “picchetti” fuori dagli edifici che ospitavano la riunione di ICANN negli USA e ha poi confermato, per bocca del direttore esecutivo di Free Speech Coalition Diane Duke, che le porno-aziende si serviranno delle procedure di revisione di ICANN per “aiutare l’industria a comprendere a pieno i rischi e le ramificazioni della partecipazione ai domini XXX”.
Alfonso Maruccia