Da tredici mesi a novanta giorni: Yahoo gioca la carta della tutela degli utenti. Conserverà dati in chiaro per il tempo che basta a garantire la fornitura di servizi personalizzati, dopo tre mesi i record finiranno nel calderone dei dati anonimi.
L’obiettivo, spiegano da Sunnyvale, è “rafforzare il rapporto di fiducia tra Yahoo! e i suoi 500 milioni di utenti in tutto il mondo”, mostrare che l’azienda è competitiva , e che non è disposta a barattare la riservatezza dei propri utenti con servizi a favore del netizen che fanno perno su forme più o meno invasive di profilazione.
Fino ai giorni scorsi Yahoo conservava i tracciati delle sessioni online per 13 mesi: si trattava di clic e di indirizzi IP, di pagine viste e di ad click che Sunnyvale accumulava per garantire ai propri utenti tutela contro le frodi e servizi tagliati su misura. Ma Yahoo annuncia di non voler rinunciare alle tutele e ai servizi che ha sempre garantito ai propri utenti. Novanta giorni sono più che sufficienti per studiare l’utente e per somministrargli strumenti e funzionalità personalizzati: “Gli utenti non noteranno alcuna differenza nell’uso dei prodotti e dei servizi di Yahoo! e gli inserzionisti continueranno a sfruttare il nostro innovativo sistema di advertising basato sugli interessi per indirizzare agli utenti solo le pubblicità per loro rilevanti”.
Per sventare i piani dei malintenzionati, Yahoo prevede invece la conservazione per sei mesi di certi tipi di dati relativi alle transazioni: a meno che non sopraggiungano obblighi legali, Yahoo consegnerà all’oblio anche questo tipo di record.
Yahoo non vede ragioni per non offrire ai propri utenti la garanzia della riservatezza e per non conformarsi alle richieste dell’Unione Europea, che vorrebbe che i fornitori di servizi online limitassero a sei mesi la conservazione dei dati. Non si tratta di un passo altrettanto facile da compiere per Microsoft e Google. La Grande G è da tempo nel mirino del gruppo di Lavoro Articolo 29, commissione che affianca l’Unione Europea nelle questioni che attengono alla privacy e ai dati personali dei cittadini: le prime pressioni , contestuali alla integrazione di DoubleClick, avevano spinto Google a promettere l’anonimizzazione dei dati dopo 18 mesi dal rastrellamento. Google rivendicava l’esigenza di garantire gli utenti dalle frodi e di offrire ai netizen servizi di valore, ma si è di recente piegata ad una netta sforbiciata che ha ridotto a 9 mesi la conservazione di dati associati a indirizzi IP.
Analogamente, Microsoft ha ingaggiato un tira e molla con le autorità europee: conserva i dati dei netizen che si servono delle sue piattaforme online per 18 mesi dall’acquisizione. Una policy difesa con argomentazioni che vertono su questioni di principio: Redmond si adeguerà nel momento in cui gli altri attori del mercato si adegueranno, in modo da non soffrire di alcuno svantaggio nei confronti dei competitor.
Yahoo ha adottato una policy globale, l’Unione Europea lavora ad un aggiornamento del quadro normativo, mentre coloro che si battono per la tutela della privacy dei cittadini non si ritengono ancora soddisfatti: i competitor di Yahoo dovrebbero raccogliere la sfida e mettere sul tavolo una conservazione di trenta giorni. “I cittadini – pungola Simon Davies di Privacy International – dovrebbero chiedere che i loro dati siano rimossi il prima possibile”.
Gaia Bottà