Alla guida da poco meno di due mesi, l’impronta e la linea del nuovo CEO Carol Bartz si vedono già nella produzione video di Yahoo!: dopo aver tentato per anni di fare concorrenza sul piano dei mezzi, degli argomenti e della forma alla televisione, in qualche modo l’azienda di Sunnyvale tira i remi in barca e propone un approccio più semplice. Show brevi, focalizzati su una nicchia e, soprattutto, con un ritorno economico adeguato a coprirne i costi di produzione.
L’ultimo prodotto dell’era “hollywoodiana”, lo show intitolato the 9 , ha chiuso i battenti lo scorso anno. Una sorta di classifica del meglio scovato ogni giorno sul web, era altresì l’ultimo esempio del tentativo di Yahoo! di replicare format e appeal della TV tradizionale : il programma era modellato sullo stile di altre trasmissioni, anche di discreto successo, che vanno in onda nei canali via etere o via cavo negli USA, e veniva incluso nella homepage godendo anche di sponsorizzazioni prestigiose con tanto di rubriche intitolate agli investitori pubblicitari.
Il successo di queste iniziative, in ogni caso, non è stato eccezionale. Già nel 2006 Yahoo! aveva rivisto profondamente questo approccio , iniziando a cancellare gradualmente uno ad uno questi programmi e iniziando piuttosto a veicolare contenuti altrui attraverso le proprie pagine. Da qualche tempo, tuttavia, il search engine che vuole essere anche media company ha avviato la produzione di un nuovo programma, Primetime in No Time , che più che tentare di superare per qualità o quantità la programmazione televisiva le va dietro per sfruttarla come argomento.
La trasmissione è breve, dura al massimo quattro o cinque minuti, e commenta anche assieme a degli ospiti la programmazione e gli show attualmente in onda in TV. Secondo Yahoo! il format funziona, viene visto in media da 400mila utenti ogni giorno facendone un buon successo soprattutto nel panorama del web: “Forse avevamo avuto un approccio sbagliato in precedenza – ha spiegato al New York Times Sibyl Goldman, colei che sovrintende alla produzione dei contenuti da intrattenimento per Yahoo! – (quanto abbiamo prodotto, ndr) non sempre rispondeva a effettive richieste di mercato”.
In questo caso probabilmente Goldman si riferisce alla capacità di raccogliere pubblicità: la TV, generalista, ha evidentemente maggiore spazio per proporre trasmissioni che siano indirizzate ad un pubblico più o meno vasto pur continuando a incamerare abbastanza introiti da poter sostenere queste produzioni. Lo stesso non vale per il web, dove apparentemente raccolgono maggior consenso programmi di nicchia o comunque pensati per un target ben definito: su questi progetti, più facili da catalogare, è più semplice concentrare l’attenzione e quindi gli investimenti degli inserzionisti.
È il caso di una delle ultime nate tra le produzioni video di Yahoo!: condotta dalla ex-miss USA Ali Landry, Spotlight to Nightlight è una rubrica dedicata alle mamme dei personaggi famosi e più in generale all’universo che ruota attorno alla vita familiare delle star. Nel primo episodio , lanciato da un paio di giorni, Landry discute con una tata professionista degli stipendi di una nanny di lusso e di come le famiglie delle star gestiscano il proprio ménage; a seguire, una delle presentatrici del canale di gossip statunitense E! racconta la sua esperienza con una baby-sitter a tempo pieno.
Argomenti che di certo non faranno presa sui grandi numeri: ma si tratta di topic, i bimbi dei divi e storie accessorie, che avevano già fatto riscuotere un certo successo su uno dei pro-blog della piattaforma di Yahoo! e che sono dunque apparsi il punto di partenza ideale per lanciare degli approfondimenti a tema. Con l’arrivo di un investitore , deciso a raggiungere con maggiore incisività il pubblico femminile, il cerchio si è chiuso: ci sono i fondi per sostenere la produzione, c’è il pubblico che la segue, il programma individua una domanda e vi fa fronte con una offerta.
La nuova linea editoriale di Yahoo! in fatto di video, insomma, dimostra una volta di più quanto sia diverso l’approccio di chi produce contenuti per i media tradizionali e chi invece si occupa della Rete: ciò che funziona altrove non è detto che funzioni sul web, dove in ogni caso anche una nicchia può diventare un target interessante da coprire garantendosi un ritorno economico adeguato. Suona un po’ come la lunga coda di Chris Anderson, direttore di Wired USA e autore di un libro su alcune teorie economiche applicate alla Rete: con la differenza che in questo caso c’è di mezzo un grosso nome come Yahoo!, che ha l’opportunità di ricevere richieste specifiche dagli investitori pubblicitari e può farvi fronte grazie ai mezzi che ha già a disposizione sul campo.
Luca Annunziata