I personaggi pubblici argentini si tutelano dalla rete, chiedono di essere rimossi dai motori di ricerca. I motori di ricerca non possono che piegarsi al lacunoso quadro normativo argentino, ma non rinunciano a combattere.
I gatekeeper della rete sembrano costretti ad assumersi la responsabilità di quello che i netizen pubblicano nelle proprie pagine web. A partire dal 2006, sono oltre cento i personaggi pubblici che, indispettiti da post o da siti che ritraevano la loro persona in maniera sgradita, si sono rivolti a un tribunale per chiedere la propria cancellazione dai motori di ricerca.
Funzionari pubblici e celebrità mondane si sono tutti rivolti ad un unico legale, tale Martin Leguizamon Pena , hanno chiesto la rimozione dall’indice dei motori di ricerca di risultati sgraditi e una compensazione che oscilla tra i 70mila e i 96mila euro. Diego Armando Maradona , uno dei personaggi pubblici che ha scelto di rendersi inaccessibile ai netizen argentini , ha in un primo momento chiesto che i motori di ricerca con localizzazione argentina rimuovessero dai propri risultati i link alle pagine web che lo accostassero ad immagini pornografiche. Le sue richieste si sono poi estese alla cancellazione di tutti i risultati che infangassero il nome di 33 membri della sua famiglia . Il giudice ha accolto la sua richiesta, Google e Yahoo hanno dovuto piegarsi alla diffida in attesa che il caso venga chiuso . Google ha ribattuto di poter bloccare i soli link indicati dall’accusa e in caso di rimozione segnala a fondo pagina l’omissione dei risultati rimandando a Chilling Effects per ottenere una spiegazione e un confronto con le altre localizzazioni. Yahoo ha invece trovato più complesso sottostare ai parametri imposti dall’ex-calciatore e dal suo avvocato: è così che Yahoo Argentina ha scelto di rimuovere dal suo indice tutti i potenziali risultati che contenessero il nome del Pibe de Oro .
Fuori dalla rete, inaccessibili ai netizen che si affidino a Yahoo per raggranellare informazioni su Maradona, rimangono i risultati che contengano le chiavi di ricerca Diego e Maradona . Così rimangono inaccessibili le pagine che facciano riferimento ad omonimi del calciatore . Yahoo restituisce una desolante comunicazione: “a causa di un ordine giudiziario sollecitato da un privato, siamo obbligati a sopprimere temporaneamente tutti o alcuni dei risultati collegati a questa ricerca”. Ma lo stesso non avviene per coloro che si limitino a cercare semplicemente Maradona , pibe de oro o incorrano in un errore di digitazione: possono attingere a piene mani a siti non ufficiali, pettegolezzi, critiche feroci e a tutto quanto la rete bisbigli riguardo al celeberrimo allenatore della nazionale argentina. Certo, la rimozione è estremamente semplice da aggirare: basta comporre con fantasia le chiavi di ricerca, basta rivolgersi ad un motore di ricerca che ancora sfugge alla censura, basta scegliere una versione non localizzata del search engine.
“Non abbiamo l’obbligo né intendiamo ad agire come giudici e censori della rete” chiariscono da Google. I motori di ricerca hanno deciso di fare ricorso contro la decisione del giudice e di portare avanti una battaglia contro le cancellazioni indiscriminate ad personam : “combatteremo perché pensiamo che sia una battaglia che vale la pena di combattere – ha dichiarato Alberto Arebalos, responsabile di Google per l’America Latina – si tratterebbe di censura se noi bloccassimo tutti i riferimenti ad una persona, in quanto molti di questi sarebbero pienamente legittimi”. Arebalos traccia un paragone tra Google e un edicolante: sono entrambi intermediari, sono entrambi gatekeeper di informazione, ma non sono responsabili dei contenuti che ordinano a favore del pubblico. “Non ha senso che una persona vada da un edicolante e gli attribuisca la responsabilità di leggere da cima a fondo ogni pubblicazione e di trovare gli articoli che possano avere un impatto su qualcuno: noi – ribadisce Arebalos – siamo gli edicolanti”.
Non mancano i casi in cui i motori di ricerca sono stati chiamati a epurare il proprio indice: è accaduto per la pedopornografia in Brasile, è accaduto per i contenuti neonazisti in diversi paesi europei, anche l’Italia ha provato a chiedere a Google di rappresentare le persone in maniera corretta. Ma i motori di ricerca, nonostante esistano delle eccezioni , non hanno accolto le richieste di rimozione dei contenuti semplicemente sgraditi , sconvenienti o poco piacevoli : si sono limitati ad agire sui contenuti proibiti dalla legge dei paesi da cui sono giunte le richieste. Il quadro normativo argentino non sembra prevedere particolari favoritismi per i campioni o per le celebrità: è vero però che nel paese ancora non esistono leggi che abbraccino e regolino ruoli e responsabilità degli intermediari in rete. Le istituzioni ci stanno ancora lavorando, i motori di ricerca stanno facendo fronte comune tutelare la propria posizione.
Gaia Bottà