I piccoli azionisti di Yahoo sono imbufaliti con la dirigenza: non solo quest’anno ha esagerato con la distribuzione di stock options , ma continua ad opporsi alla creazione di una commissione di controllo per il rispetto dei diritti civili . Nulla di nuovo, sostengono numerosi analisti: anche durante l’ultima riunione degli azionisti di Google, la questione dell’etica commerciale – soprattutto applicata ai mercati stranieri – è stata placidamente rigettata .
Cosa succede quindi negli Stati Uniti? Come sottolinea tra gli altri il New York Times , per prima cosa è evidente che nel caso di Yahoo gli azionisti dissidenti abbiano spedito un chiaro messaggio all’azienda: i conti non tornano. Lo confermano almeno due advisory di Wall Street che, per primi, hanno consigliato di non confermare alcuni alti dirigenti. Finanze e stipendi sembrano essere in controtendenza. A fronte di un andamento azionario a dir poco imbarazzante, con un -35% rispetto all’inizio dell’anno, il CEO Terry S. Semel è stato “premiato” con 6,8 milioni di stock options – che gli permettono di dichiarare uno stipendio 2006 di 107,5 milioni di dollari. Un record anche per gli standard statunitensi.
La battaglia che si è consumata fra gli azionisti, quindi, è stata alimentata prima dalle questioni economiche e poi da quelle ideologiche. Nelle votazioni di martedì scorso non è passata né la proposta di legare i compensi della dirigenza ai risultati, né la creazione della commissione sui diritti. Insomma, nessun argine agli aumenti e alla connivenza con i regimi autoritari, come più volte hanno denunciato le organizzazioni umanitarie. Yahoo continuerà a finire all’indice per il suo supporto alle censure volute da molti diversi paesi.
“Yahoo è impegnata globalmente nel proteggere i diritti umanitari”, ha però ribadito Jerry Yang, co-fondatore di Yahoo, all’assemblea degli azionisti. “Abbiamo in atto collaborazioni con università, ONG ed altre realtà per proteggere la libertà di espressione”. Ed è riuscito a guadagnarsi li applausi di rito. Ma poi, quando è salito in cattedra Eric Jackson – un noto azionista che ha realizzato una campagna online piuttosto critica nei confronti dell’operato della dirigenza – il tono è cambiato. “Sono sorpreso che non abbiate chiesto scusa agli azionisti di Yahoo per le performance ottenute negli ultimi tre anni”, ha sentenziato Jackson. “Abbiamo sentito della mission , e della strategia. Penso che ci siamo dimenticati però di chiedere come abbiate intenzione di portare avanti questa strategia”.
Su tutto questo, poi, piovono le conferme dell’ irrigidimento di Flickr , il portale del foto-sharing acquisito da tempo da Yahoo!, che ora impedisce l’accesso ad alcuni materiali ad un certo tipo di utenza, ad esempio quella che si collega dalla Cina, da Singapore o dalla Corea.
Dario d’Elia