Yelp ha sempre negato che i suoi agenti di vendita facessero pressione presso gli esercizi commerciali affinché questi acquistassero spazi pubblicitari, in cambio della possibilità di rimuovere i commenti negativi dalle loro pagine e ottenere così un trattamento preferenziale. Ma ciò non aveva impedito il sorgere di sospetti e class action.
Ora il sito ha deciso di introdurre alcuni cambiamenti per quanto riguarda il metodo di moderazione dei commenti . Il cambio verrà basato su due meccanismi: innanzitutto cade il velo di invisibilità dal filtro dei commenti , in modo da dimostrare che non vi è disparità di trattamento a seconda che i negozianti abbiano a meno un link sponsorizzato, e da permettere in ogni caso agli avventori di verificare in prima persona i giudizi tagliati dal filtro di Yelp collegandosi alla pagina dei commenti non selezionati tramite un link ad hoc.
È stata inoltre rimossa l’opzione che, a pagamento, permetteva agli esercenti di selezionare un commento preferito da mettere in bella evidenza nella propria pagina: in modo tale da non far degradare verso il fondo della pagina i commenti più recenti. Occorre, tuttavia, ancora capire come si comporterà il sito con coloro che avevano già pagato per l’opzione.
A controbilanciare questa limitazione, dovrebbe essere introdotto nelle prossime settimana un nuovo servizio a pagamento per gli inserzionisti: la possibilità, cioè, di inserire video nella propria pagina .
Jeremy Stoppelman ha spiegato il cambio di rotta con la necessità di “confutare i miti e le teorie cospiratorie sorte intorno a Yelp e alle forme di advertising che propone”.
Per un velo volato via un altro appare però sulla Rete, con l’intenzione esplicita di nascondere le fonti garantendo l’anonimato: la start-up Unvarnished ha pensato di mettere a disposizione una sorta di servizio di delazione , in cui raccogliere commenti anonimi (anche potenzialmente dannosi) sull’attività lavorativa : vuole essere lo strumento per completare il curriculum di un possibile candidato ad un posto di lavoro, in cui sono gli stessi compagni di ufficio a raccontare come si comporta e altre informazioni molto “utili” per un potenziale datore di lavoro.
Per questo ha sviluppato un sito, ancora in beta e accessibile per il momento solo su invito (attualmente accoglie “solo” 400mila profili, con nomi e informazioni lavorative). Naturalmente, è poi possibile cercare di racimolare commenti positivi da parte di altri colleghi: il sito punta insomma sull’autoregolazione della sua comunity per garantire l’equilibrio.
Eventuali questioni di calunnia e legalità di tale meccanismo sono peraltro da subito respinte al mittente da uno degli ideatori, Peter Kazanjy, che parla, oltre che di autoregolazione, della possibilità di meccanismi per bloccare gli utenti che si metteranno in luce solo con commenti negativi e del fatto che tratterà comunque solo informazioni lavorative e quindi non personali.
Claudio Tamburrino