La gratuità e la flessibilità del copyright pagano, soprattutto su Internet. Ne sono testimoni i Radiohead, i Nine Inch Nails e buoni ultimi i Monty Python, irriproducibile fenomeno britannico di umorismo d’antan recentemente convertitisi di buon grado alla copiabilità infinita connaturata ai formati digitali con un canale ufficiale su YouTube . Quel canale, dicono ora i numeri, fa schizzare alle stelle le vendite dei supporti originali con cui gli “autori” e i publisher fanno evidentemente fruttare (a parecchi anni di distanza) il proprio operato.
Intraducibili in una lingua che non sia l’inglese, dissacratori irrefrenabili, inventori di quello spam che è diventata la parola più infame della storia informatica recente, i Monty Python continuano a rappresentare le icone di loro stessi e ad attrarre pubblico di ogni età.
D’altronde i Monty Python lo avevano anche cantato sulle croci nell’irresistibile Brian di Nazareth , che bisogna sempre guardare al lato positivo della vita , e nel caso di YouTube il lato positivo sembra essere l’effetto a dir poco esplosivo sulle vendite di DVD originali a cui il gruppo inglese cortesemente rimanda in ognuno degli spezzoni video messi online e fruibili senza costi aggiuntivi, connessione a parte.
Tale effetto si quantificherebbe in un incremento di 23mila volte dei dischi venduti su Amazon, dove i Monty Python sono arrivati al secondo posto della classifica best seller nella categoria Film & TV. Se tali cifre possono non essere del tutto convincenti per qualcuno, se molto ci sarebbe da dire sulla loro precisione, quel che appare pacifico è che ancora una volta si è avuta la dimostrazione del fatto che gli utenti-consumatori, se trattati con la considerazione che meritano e non perseguiti nei tribunali o per mezzo degli ISP, ripagano con moneta sonante la fiducia degli autori .
Alfonso Maruccia