Combattono contro la parole in ogni conversazione, intercalare e sinonimi sono una buona ancora di salvataggio, ma i più timidi evitano di incrociare lo sguardo dell’interlocutore, rinunciano ad esprimere le proprie opinioni, vivono una disfunzione del linguaggio come la balbuzie in un problema sociale e comunicativo. Non si è fatto schiacciare dal suo problema Leys Geddes, presidente dell’associazione inglese dei balbuzienti ( BSA ), deciso a difendersi dagli abusi che ritiene di subire da parte degli utenti di YouTube, ai quali è consentito scimmiottare la balbuzie per suscitare il riso .
Geddes ha contattato YouTube per protestare, scrive The Guardian , chiedendo di intervenire sulle clip . Ci sono video esplicitamente etichettati come comici , denuncia Geddes, che mostrano persone intente a ricalcare abusati stereotipi. Nulla a che vedere con l’ironia garbata di ” Un pesce di nome Wanda “, nel quale un trascinante Michael Palin tartaglia per tutta la durata del film, con una sensibilità che gli permette di discostarsi da preconcetti e luoghi comuni, derivata dalla vicinanza e dall’affetto per il padre balbuziente. I video postati su YouTube hanno invece per protagonisti personaggi che fingono di essere balbuzienti per mettere in imbarazzo l’interlocutore o per suscitare una risata con strategie grossolane e offensive. “Ditemi, incoraggiate i vostri utenti a ridere di persone cieche, paralizzate o sorde? – provoca Geddes – Fanno anche loro parte dello spettacolo?”
La risposta di YouTube è stata però ferma: “I video non violano i Terms of Use”, nonostante nel codice di condotta rivolto agli utenti si raccomandi di non postare clip che facciano uso di stereotipi per categorizzare le persone ed offenderle.
Una risposta che non ha soddisfatto il direttore BSA, che pare aver compreso l’inefficacia di invocare un intervento censorio, per replicare ai video postati con le stesse armi . È così che, postando sulla piattaforma di sharing un discorso di fronte alla videocamera, ha raccontato in prima persona delle esitazioni che nelle situazioni più ordinarie affliggono chi balbetta, del senso di inadeguatezza che sul lavoro induce a temere per un licenziamento o, addirittura, per una promozione che carichi di nuove responsabilità o dell’onere di dover affrontare il pubblico. Un disagio che non verrebbe ridicolizzato se si immaginasse la frustrazione di chi sa esattamente cosa dire ma non trova il modo di esprimersi.
“In questo modo noi della British Stammering Association stiamo tentando di migliorare il modo in cui i media trattano la balbuzie”, ha spiegato Geddes ad altre associazioni di balbuzienti, invitandole a diffondere il video e a rilanciare le loro clip su YouTube, per fare in modo che a passare siano i messaggi di sensibilizzazione, piuttosto che le più triviali derisioni.
Una strategia di comunicazione che ha trovato l’appoggio di blogger e commentatori su YouTube, che peraltro si erano già espressi in merito alle prese in giro, squalificando con osservazioni taglienti i filmati più inopportuni.
Gaia Bottà