YouTube ha comunicato di volersi impegnare per “offrire agli utenti online una migliore esperienza in termini di advertising”, rinunciando a uno dei formati più ingombranti sul Tubo, lo spot da 30 secondi da sorbirsi obbligatoriamente per fruire di un video.
Il blocco pubblicitario da 30 secondi smetterà di irrompere nlle clip di YouTube a partire dal 2018: agli inserzionisti, e agli YouTuber, verrà offerta la possibilità di piazzare advertising non aggirabile per una durata massima di 20 secondi .
La piattaforma, del resto, non lo ha mai nascosto agli attori del mercato dell’advertising: questo formato, fra i più costosi per il suo impatto sulla platee, “può determinare minori visualizzazioni e un minore tempo di permanenza”, e spetta al gestore del canale “stabilire quale sia il migliore bilanciamento fra le visualizzazioni e i tempi di visualizzazione e gli incassi”.
YouTube riconosce dunque che il pubblico della Rete mal sopporta una pubblicità tanto simile a quella televisiva per tempistiche e invadenza. Se il Tubo ha scelto di rimuovere questo formato, potenzialmente molto remunerativo solo se piazzato in maniera oculata, è forse perché i gestori dei canali che con YouTube condividono gli incassi pubblicitari lo offrono senza aver soppesato il giusto bilanciamento fra potenziali incassi e reazioni del pubblico. E YouTube, in questa congiuntura, non può permettersi di spazientire le platee connesse, che già ricorrono abitualmente al pulsante “salta annuncio” e adottano in maniera massiccia gli strumenti di adblocking .
Facebook , ormai da anni, sta investendo in maniera decisa sul settore dell’intrattenimento video, unico canale pubblicitario non ancora saturo sulla sua piattaforma. Si sta dunque attrezzando per accogliere a braccia aperte i potenziali esuli di YouTube, corteggiandoli con contenuti di ogni genere e mettendoli a frutto con una proposta pubblicitaria che prevede spot da visualizzare obbligatoriamente, ma solo a condizione che le clip sappiano avvincere i bersagli pubblicitari.
Gaia Bottà