Londra – YouTube , il celebre portale online che permette di condividere e pubblicare video autoprodotti, è nei guai. JASRAC , l’equivalente nipponico della SIAE , ha costretto l’azienda recentemente acquistata da Google a rimuovere 30mila videoclip con l’accusa di violazione del copyright.
Secondo alcuni osservatori, questo episodio potrebbe segnare l’inizio di una lunga stagione di battaglie legali: Google dovrà affrontare l’ insofferenza delle major , che spesso hanno attaccato YouTube per la distribuzione abusiva di contenuti multimediali d’autore.
Nonostante alcuni accordi per il pagamento di royalty previste per autori ed editori, la gestione del copyright è un compito estremamente duro per gli amministratori di YouTube. Ogni giorno, infatti, gli utenti del portale inviano centinaia di migliaia di video.
Fino a questo momento YouTube ha adottato una politica d’ autoregolamentazione e di flessibilità: la responsabilità dei contenuti inviati è tutta a carico degli utenti e l’amministrazione del sito ha l’obbligo di eseguire le richieste di chi denuncia una violazione del diritto d’autore, eliminando il materiale sospetto.
I portavoce di JASRAC, in un comunicato ufficiale, hanno voluto ricordare agli utenti di YouTube che “il problema dei contenuti non autorizzati sul servizio non è una cosa da poco”. Non soltanto in Giappone, ma anche in Gran Bretagna, dove le autorità sportive della Premier League sono riuscite a far rimuovere numerosi filmati calcistici della serie A britannica.
Ed è sempre in Gran Bretagna che YouTube ha scatenato addirittura un caso politico : Jack Straw, a capo della camera bassa del Parlamento britannico, vorrebbe fare qualcosa per regolare la diffusione di video autoprodotti e pubblicati sul Web. “Sono preoccupato per gli atti di violenza che vengono registrati su cellulare”, ha detto Straw, “e diffusi sul Web per essere mostrati al grande pubblico”.
Tentare di regolamentare con norme ad hoc un flusso così vasto ed eterogeneo di informazioni multimediali, come nel caso di YouTube e di altri servizi simili, è un obiettivo estremamente difficile da realizzare. L’ esempio della Cina è paradigmatico: eseguire controlli diffusi sulla natura dei contenuti autoprodotti dagli utenti è pressoché impossibile, specialmente quando si deve fare i conti con gli oltre 100 milioni di visite che YouTube totalizza ogni giorno.
Tommaso Lombardi