Un corposo documento di oltre 90 pagine, recentemente depositato dagli avvocati di Google presso una corte d’appello di New York. Il colosso del search ha così sfoderato la sua arma legale, nel tentativo di difendersi dalle stratosferiche pretese economiche del conglomerato di media statunitense Viacom. Oltre 90 pagine per sottolineare come YouTube debba restare tra le calme acque del safe harbor , il porto sicuro per i cosiddetti intermediari.
La vicenda è ormai nota. Viacom si era scagliata contro il Tubo nel 2007, chiedendo un risarcimento stellare pari a 1 miliardo di dollari. Al centro della bufera c’erano decine di migliaia di filmati, ospitati tra i meandri della piattaforma in barba a qualsiasi predisposizione di tutela del copyright. Video visti da milioni di utenti, che avevano fruttato – sempre secondo l’accusa – lauti guadagni in termini di traffico e pubblicità contestuale .
Il documento depositato dai legali di BigG ha nuovamente tirato in ballo la sezione 512(c) del famigerato Digital Millennium Copyright Act (DMCA), che appunto prevede la protezione del safe harbor per intermediari come YouTube. L’azienda di Mountain View ha dunque sottolineato come i legali della proprietaria di Paramount e MTV non abbiano menzionato una sola clip che sia stata lasciata online in barba ad una specifica richiesta di rimozione .
In altre parole, la difesa di Google vorrebbe passare per una costante attività di monitoraggio dei contenuti, rimossi continuamente grazie a tecnologie come Content ID . Secondo il ricorso di Viacom – dopo l’immunità garantita al Tubo da un giudice di Manhattan – il sito di video sharing non avrebbe semplicemente accettato l’esistenza dei filmati incriminati, ma anche sfruttato in maniera illecita la loro capacità di generare profitti .
Il conglomerato di media ha subito risposto al fuoco , rimarcando le sue bellicose intenzioni in sede d’appello. Le previsioni del DMCA non sarebbero mai state concepite per permettere ad un player come Google di generare profitti dal caricamento illecito dei contenuti. Addirittura di costruire un intero business sulla violazione del copyright su larga scala . Detentori dei diritti e operatori dovrebbero pertanto collaborare tra loro. Il Tubo direbbe: lo stiamo già facendo.
Mauro Vecchio