Gli utenti di YouTube tornano a respirare. Su di loro non si abbatteranno cause legali in cui gli si contestano violazioni del diritto d’autore, le loro abitudini di fruizione di video non finiranno nelle mani di avidi inserzionisti. Viacom fa un passo indietro: si accontenterà di frugare fra dati anonimi.
L’assedio nel quale da mesi il colosso dell’intrattenimento stava stringendo Mountain View era giunto ad un momento cruciale nei giorni scorsi: il giudice Louis L. Stanton aveva intimato a Google di consegnare i documenti di tutto ciò che è avvenuto su YouTube. Dodici terabyte di log, indirizzi IP, username e video utili a Viacom per individuare le dinamiche delle violazioni e trovare nuovi argomenti per inchiodare YouTube.
Era stata la sollevazione dei netizen: YouTube era diventato veicolo di proteste e dell’organizzazione di boicottaggi, le clip armi brandite contro Viacom. Google aveva debolmente protestato contro la decisione del tribunale asserendo che consegnare gli indirizzi IP avrebbe messo a rischio la riservatezza garantita ai propri utenti: un’argomentazione poco credibile, in contrasto con le precedenti sortite della grande G, un’argomentazione che sembra ora aver convinto il giudice.
Viacom nel contempo aveva promesso di discutere con Google le modalità del trasferimento dei dati: assicurazioni che non lasciavano troppe speranze agli utenti. Ora è intervenuto il giudice. YouTube dà voce ad annunci rassicuranti, promette agli utenti che “Viacom, MTV e gli altri attori dell’accusa hanno ritirato la loro richiesta originaria delle cronologie delle visualizzazioni di tutti gli utenti”, promette che “non forniremo quelle informazioni”.
Google deve però a Viacom dei faldoni, resta costretta a documentare quanto avviene da tempo su YouTube: si tratterà però di dati e informazioni anonime . Ciascun utente sarà contrassegnato con un identificativo unico ma che non potrà in alcun modo ricondurre al suo indirizzo IP o alle sue generalità. Ciò consentirà a Viacom di studiare le dinamiche delle violazioni e di analizzare le tendenze ospitate sul portalone, ma non di riciclare i dati ottenuti da Mountain View per rivalersi sugli utenti poco accorti nel maneggiare il proprio diritto al fair use .
La privacy degli utenti è salva, Google ha recuperato l’equilibrio proprio mentre rischiava un rovinoso capitombolo. Ma la pietra dello scandalo potrebbe essere nei paraggi: ancora non è stata stabilita la modalità con la quale Google dovrà consegnare le informazioni relative al comportamento dei propri dipendenti che scorrazzano su YouTube.
Gaia Bottà