Il paradosso del momento per gli Youtuber è che oggi ci sono milioni di persone ferme di fronte ai propri dispositivi, con molto tempo libero a disposizione, con molte ore a disposizione per guardarsi i propri video preferiti, ma tutto ciò porti in realtà a minori introiti. E questo è un problema. Non vedremo probabilmente sindacati a far picchetti, né lettere al Governo per difendere la categoria, ma le conseguenze saranno tutte interne al mercato: l’offerta potrebbe ridursi – il che non è necessariamente un male – e la “fase 2” potrebbe essere l’incipit di un nuovo riequilibrio che detterà lo stato dei fatti dei prossimi anni.
Youtuber: crolla l’adv, cosa succederà?
Alcuni sondaggi tra esperti del settore indicano un aumento medio delle visualizzazioni pari al 15%, ma al tempo stesso anche un tracollo degli introiti medio pari al 50%. Si parla di media perché gli scostamenti sono estremamente differenziati tra le varie categorie merceologiche. Ad esempio vi sono cali molto forti su tutta quella che è la ristorazione e i grandi eventi, mentre v’è un calo molto più ridotto sul mondo del gaming.
Tales from YouTube Analytics after the first full week of this:
1. CPMs on all of our channels combined are down about 30%. That sized drop isn't unheard of. Our CPMs were very high, so it is possible that we just have farther to fall. Other data would be great to see!
— Hank Green (@hankgreen) March 23, 2020
Il risultato è in ogni caso il medesimo: la monetizzazione si è ridotta in modo pesante a partire dal mese di febbraio in virtù del fatto che all’aumento della domanda di video, non è corrisposto un aumento dell’advertising: il danno è condiviso tra la piattaforma ed i creatori, con conseguenze che potranno essere comprese soltanto tra qualche mese.
Come risponderà YouTube al crollo degli introiti? Gli Youtuber con community più piccole potranno sopravvivere a questo crollo delle entrate, oppure dovranno cedere ed abbandonare i propri canali in cerca di nuove monetizzazioni? Il mondo degli influencer potrebbe vivere una selezione naturale che farà sopravvivere le community più forti e togliere linfa a quelle basate su numeri più fittizi (ennesima potenziale conseguenza positiva di questo shock)?
Quel che è noto è che molti grandi advertiser hanno sospeso i propri budget, evitando esposizioni in un momento nel quale la pubblicità non potrebbe sortire conseguenze positive (inutile promuovere un hamburger se nessuno può uscire a comprarlo): il mercato ripartirà quando le misure di contenimento lo consentiranno, ma solo in quella fase sarà possibile capire la risposta del mondo dell’impresa e dell’advertising. Dopo 3 mesi e oltre di shock negli introiti, però, come andrà a riassestarsi il mondo dei “creator”? Il fenomeno non sarà pari a quello dell'”adpocalipse” che portò alcuni influencer verso altri canali, in cerca di altre forme di monetizzazione: il calo degli introiti da adv è generalizzato e non risparmia alcuna piattaforma. Non c’è alternativa, insomma, e la lotta per sopravvivere è basata su altri paradigmi. Youtube, da parte sua, siede sulle spalle del gigante Alphabet ed ha probabilmente la possibilità di mettere in moto iniziative specifiche per supportare i canali di maggior valore, redistribuendo i pesi per favorire uno sviluppo dei contenuti per calmierare lo shock: se la situazione non dovesse perdurare troppo, con ogni probabilità le conseguenze saranno limitate, tenendo in vita gran parte della parte “sana” del settore.
Al momento si possono soltanto sollevare punti interrogativi (così come per il mercato della musica), ma la visione sul “poi” appare al momento sufficientemente confusa. Differenziare gli introiti, però, appare una soluzione valida sempre e comunque, soprattutto in tempo di crisi. Chi aveva un quadro solido prima di tutto ciò, probabilmente, potrà avvantaggiarsene.