Roma – Esiliati dallo Zimbabwe per aver diffuso ideali sobillatori, censurati in patria ma anche fuori dai confini natii, i giornalisti di SW Radio Africa, emittente ora “forzosamente inglese”, hanno approntato un servizio di notizie recapitate via SMS. Unico modo per scavalcare la censura governativa. Lo ha raccontato Gerry Jackson, fondatrice di SW Radio Africa, ad una conferenza organizzata da World Association of Newspaper , a Parigi.
SW Radio Africa , precedentemente conosciuta come Capital Radio , aveva iniziato a trasmettere in gran segreto da una stanza d’albergo di Harare, quando nel 2000 la Corte Suprema aveva decretato libera la porzione di etere in cui viaggiano le trasmissioni radiofoniche. Ma il governo aveva opposto un veto, riporta BBC e, trascurando la risoluzione delle Corte Suprema, nel giro di sei giorni aveva costretto la radio a interrompere le trasmissioni. E così Jackson, attrezzature, la squadra di speaker e giornalisti si erano trasferiti nei sobborghi Nord di Londra, sede dalla nuova stazione, pronti per irradiare notizie verso la repubblica africana, cavalcando le onde corte.
Il regime di Mugabe, ricorda Reporters Sans Frontières , ha costruito il suo potere tenendo in pugno i media, bloccando ogni flusso informativo che non fosse quello ufficiale, annichilendo giornalisti indipendenti ed avversari politici con la minaccia di vessazioni e torture.
Da Londra, SW Radio Africa inizia a trasmettere notizie per i cittadini dello Zimbabwe, confidando nel fatto che i tentacoli censori di Mugabe non si possano estendere a migliaia di chilometri di distanza. Ma Mugabe combatte le onde corte dall’interno: radio jamming , interferenze, disturbi acustici. Pare abbia reclutato una frotta di esperti cinesi, con il loro bagaglio di know how e di apparecchiature, per addestrare i censori locali.
Ma SW Radio Africa continua imperterrita nella sua missione, nonostante i disturbi. È un organo di informazione troppo importante per i cittadini dello Zimbabwe perché possa desistere. Lo testimoniano i messaggi, le telefonate che giungono a Londra, che sfidano la vigilanza del regime pur di raccontare in diretta quel che succede in patria. Il giornalismo di SW Radio Africa è infatti in gran parte partecipativo , costruito dal basso con le segnalazioni degli zimbabwani che, ergendosi a reporter, interagiscono con gli speaker, e, di riflesso, con i loro concittadini.
Nel frattempo la censura e i disturbi si sono fatti sempre più invadenti. C’è il sito Internet, con tanto di podcast e aggiornamenti con le ultime notizie, tagliato su misura per connessioni lente. Ma in Zimbabwe sono pochi coloro che hanno accesso alla Rete. Tutto è controllato, persino le email, la connettività è singhiozzante , senza contare che la corrente elettrica, come le linee telefoniche fisse, sono spesso un lusso, nelle zone rurali. Ma coloro che hanno la possibilità non esitano a diramare il verbo della libertà: Gerry Jackson racconta di una donna che gestisce un bed & breakfast nella capitale Harare, che ogni mattina stampa le notizie dal sito di SW Radio Africa e le mette a disposizione degli avventori, insieme ai bollettini ufficiali.
Ma le reti di telefonia mobile stanno iniziando ad innervare i paesi emergenti: spesso si rivelano un canale di comunicazione sul quale fondare relazioni e microeconomie. Ma non solo: anche la dissidenza, nello Zimbabwe come, ad esempio, nelle Filippine , ha saputo viaggiare su queste frequenze. Già nel 2000, in occasione di un referendum che avrebbe dovuto approvare una modifica della costituzione zimbabwana per attribuire ancora maggiori poteri al suo leader, un SMS aveva instillato la consapevolezza fra i cittadini: ” No Fuel. No Jobs. Vote No. “, il testo del messaggio.
E proprio la telefonia mobile , lo conferma un’associazione per i diritti civili, rappresenta per il governo dello Zimbabwe una falla nel sistema di controllo. In questa falla si infiltra SW Radio Africa. Ogni giorno si condensa la complessità della realtà dello Zimbabwe in 160 caratteri. Ogni giorno SW Radio Africa recapita i titoli delle notizie a 1800 persone, una platea che cresce di cinquanta unità al giorno. Che potrà crescere finché non si estinguerà il flusso di donazioni, la fonte delle quali, precisa Jackson, non intacca l’indipendenza del servizio.
SW Radio Africa sembra rappresentare per lo Zimbabwe quello che per l’Italia ha rappresentato a suo tempo Radio Londra: una chiave di lettura capace di decrittare situazioni confuse, inquinate dalla propaganda governativa. Chissà che un giorno SW Radio Africa non riesca ad offrire un resoconto appassionato della liberazione. Magari via SMS.
Gaia Bottà