Le autorità USA stanno investigando sulle attività di Zoom e, in particolare, sul rapporto che il gruppo potrebbe aver intrattenuto con le autorità cinesi nei mesi passati. Non si tratta di una indagine di poco conto (con coinvolgimento diretto della politica a seguito del ban di alcuni attivisti) e a dimostrarlo sono le novità inserite nella “Entity List” con cui gli USA, ad esempio, hanno ammonito il brand DJI per “collaborazionismo” con il paese orientale.
Zoom pizzicata tra Cina e USA
Un ampio post pubblicato sul blog ufficiale di Zoom spiega in modo molto dettagliato quanto accaduto: i fatti risalgono al 2019, quando i server cinesi del gruppo sono stati disattivati e l’azienda ha dovuto fare i conti con la realtà del Paese in cui operavano. La Cina pretendeva in particolare il rispetto delle normative locali, anche e non solo in tema di censura. Zoom, ai tempi una realtà estremamente piccola (l’esplosione avverrà soltanto pochi mesi più tardi sulla scia di quanto accaduto con la pandemia), non poté far altro che acconsentire e tentare così di restare sul mercato senza tagliare fuori dalle opportunità della propria utenza il vasto mercato orientale. Prima l’interruzione del routing di informazioni verso l’Asia e quindi l’uso di Oracle come garante delle attività cloud per l’erogazione del servizio sono l’inizio di una via crucis che per Zoom non sembra oggi ancor terminata.
Oggi quelle azioni sono tuttavia sotto lo scrutinio delle autorità USA. Il Dipartimento di Giustizia, infatti, vuole vederci chiaro su ciò che Zoom ha concordato con la Cina ed il modo in cui ha proattivamente agito con le regole del Partito Comunista (soprattutto in seno alla censura di immagini e discussioni su Piazza Tiananmen, spesso correlata all’attivismo di non movimenti non allineati). Nel proprio post, Zoom dice chiaramente al primo punto che intende difendere senza ombra alcuna gli americani dalle ingerenze straniere: sulla base di questo punto fondamentale, molti lavori sono stati messi a punto per difendere privacy e sicurezza, nonché per criptare le comunicazioni ed operare nel massimo rispetto delle normative a livello internazionale.
Ma ormai la macchina legale è partita: Zoom ora intende collaborare appieno con le autorità USA (così come già riconosciuto dal DOJ) e certificare la propria massima linearità di comportamento. La situazione per il gruppo resta tuttavia scomoda, poiché pizzicata nella guerra geopolitica tra due paesi che nei punti di attrito lasciano spesso e volentieri danni collaterali.