Con una lettera aperta a quella che definisce la propria comunità, Mark Zuckerberg ha voluto parlare non solo del futuro di Facebook, ma in generale della sua visione del mondo, della necessità di non chiudersi e di migliorare insieme, globalmente : un vero e proprio manifesto, che risponde a chi chiama in causa il social network nella pressante questione della lotta alla qualità dei contenuti diffusi online e alla conseguente e collegata avanzata del populismo e degli estremismi nei risultati politici.
Quello che così emerge dal lungo post del giovane CEO di Facebook è una vera e propria ricetta per cercare di invertire la tendenza che sembra avere assunto la politica mondiale, aggrappandosi alla voglia di creare una vera e propria comunità globale: dal suo punto di vista l’obiettivo del social network in blu diventa non più semplicemente quello storico di “dare alle persone il potere di condividere e rendere il mondo più aperto e connesso”, ma di “sviluppare un’infrastruttura social per permettere alle persone di avere il potere di costruire una comunità globale che funzioni per tutti noi”. Non più connettere semplicemente amici e famigliari, ma – da tale base – costruire qualcosa in più. Con l’ambizione più grande che diventa quella di trovare soluzioni globali a problemi che non possono essere risolti se non globalmente .
Le paure che stanno portando a contrastare la globalizzazione, chiudere i confini e ritornare a rivendicare la supremazia della definizione di cittadino rispetto a quella di essere umano, insomma, sono da combattere con la forza di soluzioni globali, che significano in particolare che l’umanità deve unirsi non solo in città e nazioni, ma in una vera e propria comunità globale .
Tale concetto di infrastruttura social non è definito da Zuckerberg, che però parla dell’obiettivo di aiutare le persone a costruire comunità che siano “collaborative, sicure, informate, civilmente impegnate e inclusive”.
Per farlo, Zuckerberg parte dall’affrontare lo spinosa e attuale questione delle fake news : non si nasconde più dietro la tesi per cui Facebook non possa influenzare le elezioni, ma afferma chiaramente che essendo un megafono nel caso di messaggi sbagliati e di determinati tipi di comunicazione, rischiando così di “semplificare troppo importanti argomenti e spingere verso soluzioni estreme”. Ed è proprio questa estremizzazione il vero problema, che dà origine a certi tipi di populismo e, appunto, ad estremismi.
Si tratta, d’altra parte, di un argomento su cui non ha avuto tregua , anche perché il 2016 è stato contrassegnato dalla “post-verità” e il social network in blu si è trovato al centro delle polemiche per il numero di bufale condivise sulla sua piattaforma e sulla loro presunta influenza sull’andamento delle elezioni di diversi paesi, Stati Uniti in primis.
Anche per questo il CEO di Facebook è stato sempre più impegnato (con iniziative e promesse ) e sempre più diretto nel rivolgersi al pubblico, anche perché direttamente chiamato in causa: in questo senso la lettera dalla Presidente della Camera Laura Boldrini è solo uno degli esempi di appelli nei suoi confronti per collaborare con le autorità e/o trovare risposte efficienti ad un problema che sembra effettivamente poter influenzare la vita pubblica reale di tutto il mondo. Ma anche Berlino e Parigi hanno cercato di tirarlo per la maglietta.
L’altra sfumatura dell’impegno pubblico di Zuckerberg è quello di coloro che lo vedono, per gli stessi motivi, come colui che è destinato ad essere l’anti-Trump nelle prossime elezioni, sia per la sua visione del mondo ed il suo potere mediatico, sia perché appunto gli antagonisti del neo eletto Presidente vedono negli errori di Facebook una delle cause della vittoria elettorale di Trump. Questo nuovo post, che ha il sapore di un ( ambizioso ) manifesto politico, potrebbe dunque confermare tale predisposizione di Zuckerberg a giocare un ruolo attivo in ambito politico.
Claudio Tamburrino