Wi-Fi italiano in mano a Telecom

Wi-Fi italiano in mano a Telecom

Efficiente e comoda, la connettività wireless in Italia stenta a decollare con la complicità di un mercato che non ne vuole sapere di sbloccarsi. Eppure la mela della telefonia a basso costo è lì per esser colta
Efficiente e comoda, la connettività wireless in Italia stenta a decollare con la complicità di un mercato che non ne vuole sapere di sbloccarsi. Eppure la mela della telefonia a basso costo è lì per esser colta


Roma – Telecom Italia e Tin hanno esteso la propria posizione dominante anche sul Wi-Fi pubblico e quindi ai piccoli operatori tocca escogitare offerte originali per differenziarsi, come il VoIP tramite cellulari Wi-Fi. Eppure, il Wi-Fi era stato fino a qualche mese fa un terreno di frontiera, dove ci si augurava di trovare il segno di inediti rapporti di forza tra operatori. E invece. I dati non lasciano spazi a dubbi, come li raccontano a Punto Informatico gli analisti del Mip Politecnico di Milano , anticipando alcuni risultati del loro rapporto che uscirà nella primavera dell’anno prossimo.

Telecom e Tin hanno, insieme, una quota di mercato pari al 70 per cento, calcolata sul numero degli hot spot attivi: a dicembre 2004, sono rispettivamente 500 e 590, su un totale di 1.500 in Italia.

Sono hot spot di loro proprietà. I numeri raddoppiano, se si calcolano anche gli hot spot disponibili in roaming. Anche perché Telecom e Tin si reggono le mani (e il business) a vicenda: fanno roaming l’uno con l’altro. Gli utenti di Telecom possono quindi accedere anche agli hot spot di Tin (e viceversa), oltre ai 30 di Megabeam , con cui i due operatori hanno accordi di roaming.

L’offerta di Wi-Fi pubblico di Tin o di Telecom dà quindi l’accesso a oltre mille hot spot: un primato che difficilmente può essere rivaleggiato dalla concorrenza. Fino all’anno scorso, invece, in testa era l’operatore Freestation, “i cui circa 200 hot spot sono ora inattivi, visto che la società controllante è finita in liquidazione. Non sono stati infatti considerati nel totale dei 1.500”, spiega Andrea Balocco, ricercatore del Mip.

Sono anche quindi circostanze fortuite che hanno spianato la strada al gigante delle TLC. “Ma è anche abbastanza normale che l’incumbent faccia valere il proprio peso di mercato, gli asset e i rapporti commerciali con i partner, per primeggiare in un nuovo settore”, spiega Balocco. Insomma, fin dall’inizio il Wi-Fi aveva poche speranze di sfuggire alla mano di Telecom, il cui potere di mercato gli permette di investire in hot spot più degli altri e di ottenere migliori accordi di roaming ed economie di scala.

Ma c’è di più. “Per Telecom e Tin è un gioco facile convertire in hot spot la propria utenza ADSL degli alberghi, dei ristoranti o delle sale congressi”, commenta caustico Marco Caldarazzo, amministratore delegato di No Cable, tra gli operatori che offrono solo Wi-Fi. “Ecco quello che so: Tin, in alcuni casi, ha offerto ad alcuni albergatori, che erano loro utenti ADSL, di diventare location Wi-Fi, con l’installazione gratuita dell’hot spot. È facile, così, convertire un patrimonio di clienti ADSL in un portafoglio di hot spot Wi-Fi?”. Accuse respinte da Tin.it, che a Punto Informatico, attraverso un portavoce, dice di fare pagare sempre al gestore della location l’installazione dell’hot spot, “anche se di solito ci dividiamo le spese e poi anche i ricavi. Che, il più delle volte, ricoprono i costi e nei casi migliori permettono anche un guadagno”.

Ma anche se l’installazione non è gratis, costruire una rete di hot spot è più facile se si può contare su una ricca base clienti ADSL presso cui fondare future location. Si consideri infatti che la maggior parte degli hot spot non è negli aeroporti (4 per cento del totale), bensì proprio negli hotel e nei centri congressi (60 per cento), nei bar e
ristoranti (11 per cento) e poi nei negozi (8 per cento), come dicono i dati di dicembre comunicati dal Mip. Luoghi, insomma, dov’è possibile si siano insediate le connessioni ADSL degli operatori dominanti.

Non solo, i piccoli operatori avranno presto nuove ragioni per tremare: nell’olimpo del Wi-Fi a Telecom e a Tin nei prossimi mesi si affiancherà Vodafone. “Un altro grande operatore che farà valere il proprio peso di mercato anche sul Wi-Fi, cercando di convertire la propria ricca base clienti di telefonia mobile”.


Vodafone non ha hot spot propri. Si avvale di quelli di Megabeam ma pare stia per stringere importanti accordi di roaming con altri operatori, per rendere disponibili ai propri utenti oltre mille hot spot. “Nulla di nuovo, né di scorretto: così funzionano le normali regole di mercato, che sempre avvantaggiano i grandi”, dice Balocco. Vero. Ma a congiurare contro gli operatori puri del Wi-Fi si mettono anche due altre circostanze, che forse sarebbero state evitabili.

La prima, il fatto che l’Italia “ha liberalizzato il Wi-Fi in ritardo rispetto agli altri Paesi e quindi ha tolto forse qualche chance ai piccoli che, con norme più favorevoli, avrebbero potuto muoversi prima, battendo sul tempo le grandi Telco e ritagliandosi un proprio posto sul mercato. Come avvenuto, appunto in altri Paesi europei, dove comunque i grandi operatori sono molto interessati al Wi-Fi ma subiscono una maggiore concorrenza da parte dei piccoli”.

Seconda circostanza: “l’antitrust farebbe meglio a intervenire contro la politica commerciale di Telecom e Tin. Che da un anno continuano a prorogare le proprie promozioni, rendendo di fatto gratis l’uso del Wi-Fi”, dice Caldarazzo. In effetti, fino al 31 dicembre è gratis il Wi-Fi di Telecom; lo è fino al 2 febbraio 2005 quello di Tin, ma solo per i suoi utenti ADSL. Sono termini però che, come avvenuto in passato, potrebbero essere estesi nel 2005.

“Non credo che sia una politica scorretta: è nella natura di questo mercato, ancora poco profittevole, che i grandi operatori considerino il Wi-Fi solo come un servizio a valore aggiunto per i propri clienti di telefonia o ADSL”, replica Balocco. “Certo, loro possono permettersi di darlo gratis? Il che certo non favorisce gli operatori Wi-Fi che invece vorrebbero averne un profitto”. C’è un eccezione: “Megabeam, che non ha di questi problemi. È partita prima di tutti e ora fa soprattutto vendita all’ingrosso dei propri hot spot”. La situazione potrebbe migliorare per tutti gli altri, quindi, non appena il mercato crescerà: “gli ultimi 12 mesi sono stati di boom. Gli utenti unici sono raddoppiati: sono stati qualche decina di migliaia, nel terzo trimestre 2004. Gli hot spot sono aumentati del 130 per cento. Quelli più usati sono negli aeroporti o negli hotel”.

Ma il peso di Telecom e Tin resterà come un marchio sul settore. Ci sarà anche in futuro, quando per i piccoli l’aria sarà diventata più buona e il business più profittevole, poiché “i grandi operatori stanno maturando in questo periodo un vantaggio competitivo considerevole”.


Poche speranze di riscossa, per i piccoli, quindi? Non è detto: “ma dovranno essere abili a diversificarsi, a sviluppare servizi aggiuntivi sul Wi-Fi”. Un’idea, che il Mip considera idonea ad attirare il pubblico residenziale, è il VoIP tramite cellulari Wi-Fi. Ci sta pensando NoCable , che è uno degli operatori minori. Ha circa 60 hot spot, contro i 140 di SwissCom e i 70 di Tecom , che sono invece al terzo e al quarto posto per quota di mercato.
Ma NoCable è uno degli operatori più aggressivi: “non siamo d’accordo con il Mip, non crediamo di essere in posizione di inferiorità rispetto a Telecom e Tin. Grazie al roaming, infatti, offriamo 200 hot spot in Italia e quasi 12.000 nel resto del mondo”, dice Caldarazzo.

È per ora il solo operatore Wi-Fi a pensare al VoIP. Si noti che su tutti gli hot spot italiani, sfruttandone la banda, sarebbe possibile telefonare via Internet: con un computer portatile e un programma come Skype, che supporta anche i Pocket PC. “In quel caso, però, si paga doppia tariffa: di connessione e del programma VoIP usato. Inoltre si ha l’ingombro di un computer portatile. Noi invece offriremo il servizio su telefoni solo VoIP, che costeranno circa 100 euro e saranno distribuiti da noi, e su cellulari Gsm dotati di scheda Wi-Fi; si pagherà solo il costo della telefonata, perché la nostra rete di hot spot è dotata di server Sip. È in grado di riconoscere la chiamata VoIP, di autenticare l’utente e di non fargli pagare la connessione”.

Il cellulare Wi-Fi deputato per il servizio “è il Motorola CN620, che ha un client Sip. Oppure il palmare Qtek 9090”. I costi sono senza scatto alla risposta; 3,5 centesimi al minuto per telefonare a un numero di rete fissa nazionale; da tre a quattro cent al
minuto verso Paesi europei o del Nord America. L’autenticazione del cliente è al volo, su telefoni solo Wi-Fi distribuiti da NoCable: “l’utente sarà riconosciuto over the air dall’hot spot, tramite user name e password inseriti nel telefono e Mac address della scheda Wi-Fi. Bisogna solo avvicinarsi all’hot spot e sul telefono apparirà la scritta connected. Poi si potrà chiamare”. Con un cellulare Wi-Fi, invece, ci si autentica con un Sms; il costo della chiamata sarà detratto dal borsellino virtuale associato al numero telefonico.

In entrambi i casi, l’utente deve abbonarsi a NoCable e ricaricare online il proprio credito. “Con i cellulari di operatori stranieri è più facile: il costo della chiamata viene detratto dalla scheda prepagata o sommato nella bolletta telefonica. Si fa un conto unico, insomma, tra VoIP e chiamate normali. È il frutto di accordi che sono stati fatti con operatori quali Bouygues, O2, Orange, Mno2, in Francia, Finlandia, Islanda, Lussemburgo e Singapore. Soltanto gli operatori italiani si sono opposti, confermando la propria politica di chiusura al nuovo”.

NoCable non teme insomma il peso dei grandi, facendo notare anche che “il numero degli hot spot non è un indizio assoluto di supremazia. Anche perché resta da vedere la qualità di quegli hot spot, la banda che c’è dietro”. È uno dei punti del Wi-Fi italiano che restano ancora in ombra. Il Wi-Fi permette una connessione fino a 11 Mbps (54 Mbps, con lo standard 802.11g), ma si appoggia su una banda di connessione terreste. Solo se sotto c’è una rete in fibra ottica, quindi, si potrà avere una banda larga di svariate Mbps, condivisi dagli utenti connessi all’hot spot. “Invece, se la connessione è ADSL, ci sarà un collo di bottiglia e le potenzialità del Wi-Fi non potranno essere sfruttate appieno. Per questo motivo, nel prossimo rapporto cercheremo di analizzare l’effettiva qualità degli hot spot italiani”, spiega Balocco.

La fibra, si sa, non arriva dovunque in Italia. È la connessione tipica degli hot spot principali, negli aeroporti e nei grandi alberghi; “altrove, invece, non si disdegna di usare un’Adsl a 2 Mbps”, dice Caldarazzo. Potrebbe essere il caso di molte delle location minori, di Telecom e di Tin, conquistate convertendo in hot spot gli alberghi o i ristoranti dotati di ADSL. Il solo dato pubblico è che 150 degli hot spot di Telecom sono “in a box”: più piccoli rispetto a quelli normali, possono essere installati con semplicità e sono quindi adatti a locali pubblici di piccole dimensioni.

Restano insomma alcuni punti oscuri, nel quadro. Da una parte, “negli ultimi dodici mesi i sistemi di pagamento e l’usabilità del servizio, almeno negli hot spot maggiori, sono ormai ottimali”. Dall’altra, bisognerà aspettare il rapporto del Mip o che maturi l’esperienza degli utenti per conoscere le reali proporzioni del Wi-Fi italiano e il numero degli hot spot che offrano davvero una velocità banda larga.

Alessandro Longo

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Pubblicato il
23 dic 2004
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