Un web senza Partita Iva?

Un web senza Partita Iva?

C'è una norma quasi sconosciuta anche agli addetti ai lavori che obbliga le imprese a pubblicare online la propria Partita Iva. Pena pesanti sanzioni. Ne parla IWA
C'è una norma quasi sconosciuta anche agli addetti ai lavori che obbliga le imprese a pubblicare online la propria Partita Iva. Pena pesanti sanzioni. Ne parla IWA


Roma – La maggior parte dei siti internet di P.A. ed aziende italiane titolari di Partita IVA non applicano una non più recente normativa, sconosciuta anche agli addetti ai lavori, che riguarda proprio la presenza su web e il possesso della Partita Iva, quel numeretto di undici cifre che appare in ogni fattura emessa.

E’ risaputo che chiunque svolge attività di acquisto e/o vendita è obbligato a possedere il numero di P. IVA. Gli enti pubblici invece posseggono il codice fiscale ma spesso anche il numero di partita IVA (che corrisponde al numero di codice fiscale). Gran parte dei contribuenti la disattendono, ma è da qualche tempo in vigore una disposizione che obbliga i soggetti IVA a indicare la partita IVA nel proprio sito Web aziendale .

Infatti, stante quanto previsto dal comma 1 dell’art. 35 del DPR 633/72 – nella formulazione introdotta dall’art. 2, del DPR 5 ottobre 2001, n. 404 – il codice di partita IVA deve essere indicato, tra l’altro, “nella home-page dell’eventuale sito web e in ogni altro documento ove richiesto”.

Come è chiaro, questa normativa risale ancora al mese di ottobre del 2001 ma effettuando una veloce navigazione di siti internet di grandi aziende anche in questo caso si nota chiaramente come la normativa viene disattesa.

La disposizione è entrata in vigore dal 1° dicembre 2001; è bene dunque che le aziende provvedano a contattare il proprio fornitore di servizi web affinché indichi il codice di partita IVA nell’home page del sito aziendale.

E’ necessario far presente che è sufficiente regolarizzare la posizione del contribuente (vale a dire il titolare del sito web) con l’aggiornamento dell’Home Page del sito Web prima della constatazione da parte dell’Amministrazione e ciò non comporta l’applicazione di sanzioni, in quanto la violazione commessa non incide sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo (art. 6, comma 5-bis, del DPR 472/97).

La mancata regolarizzazione è perseguibile con la sanzione amministrativa variabile da 258,23 a 2.065,83 euro , trattandosi di violazione agli obblighi di comunicazione prescritti da legge tributaria (art. 11, comma 1, lettera a), del DPR 472/97).

Quanto sopra è disponibile anche nel sito web dell’ Agenzia delle Entrate e pare molto strano che, sentiti alcuni commercialisti di diverse zone d’Italia, tale normativa sembra sconosciuta ai più, anche se nei newsgroup dedicati se ne parlava già dal 2002.

Basta sfogliare i siti internet dei maggiori giornali, case automobilistiche, produttori di hardware e software, e-shop, siti di enti pubblici titolari di partita IVA per constatare con mano tale mancanza.

Roberto Scano
IWA/HWG

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
2 feb 2005
Link copiato negli appunti